Marco Rasconi, presidente milanese della Ledha, è disabile e sa bene cosa si prova quando non ti è permesso fare le cose come agli altri, quando tutto è difficile, anche se si tratta semplicemente di andare al cinema o a teatro. «Sulla mia pelle passi, sono abituato, ma quando tutto ciò capita a una ragazzina di 15 anni non posso sopportarlo».
Cosa la infastidisce di questa storia?
«Che il tempo libero o il piacere di un concerto per noi disabili sono ancora considerati qualcosa di cui possiamo fare a meno, qualcosa di inaccessibile».
Eppure i posti per i disabili alla Scala sono sempre pieni, tutte le sere.
«Sì, ma sono solo due. Non bastano. E lo stesso discorso vale per la maggior parte dei teatri e dei cinema».
Troppi ostacoli?
«Materiali e culturali. Siamo costretti ad avere un accompagnatore, a stare nelle sale cinematografiche con le ruote della sedia di traverso per non scivolare sulla pendenza. A torcerci il collo per guardare lo schermo. E poi non possiamo prenotare in anticipo, dobbiamo presentarci sempre mezzora prima con il rischio di non trovare posto».
Che appello vuole lanciare alla Scala?
«Eh, la Scala è la Scala. Vorrei che potesse dare il buon esempio a tutti i teatri, ai cinema, ai ristoranti e ai musei che non pensano ai disabili».
Però sa che ci sono vincoli imposti dalla tutela storica.
«Basterebbe una fila di seggiolini rimovibili. Non è chissà che come richiesta e si potrebbe realizzare, soprattutto nei teatri di nuova costruzione».
Così potrebbe andare a teatro o al cinema con i suoi amici.
«Appunto. Nessuno ci pensa, ma per un gruppo di disabili è impensabile andare al cinema tutti assieme. Ci dobbiamo organizzare due alla volta e non lo trovo giusto».
La mamma di Alessia è stata coraggiosa.
«Non è giusto. Il tempo libero per un adolescente è importante, è unespressione del sé. Anche i disabili ne hanno diritto. Anzi, soprattutto i disabili».
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