Sabrina Cottone
Alessandro Alfieri, segretario del Pd regionale e membro della direzione nazionale, il sì ha vinto a Milano e ha perso in Lombardia. Se lo aspettava?
«Noi vinciamo o perdiamo di poco nei capoluoghi, come nel caso di Milano, Monza, Bergamo, Mantova. Quindi ci sono due Lombardie».
E quali sarebbero queste due Lombardie?
«La Lombardia dei capoluoghi, dove il voto di opinione conta e abbiamo una presenza più capillare del partito, e i comuni più piccoli, in cui abbiamo difficoltà perché conta il voto di appartenenza politica e i cambiamenti fanno paura».
Un voto di paura? Non vorrà mica negare la sconfitta?
«Lo ammettiamo. Giocavamo per vincere. Sottolineo anche, ma è un dato evidente, che quel 45 per cento di «sì» lombardi è tutto farina del sacco del Pd e di Renzi».
Questo significa che tutti gli altri sono voti contro Renzi?
«Chi ha votato sì è la porzione di elettorato sensibile al discorso di Renzi. L'altro 55 per cento è diviso tra più soggetti, che vanno dalla Lega a FI a M5 a Rifondazione comunista».
I flussi elettorali dell'istituto Cattaneo dicono che nemmeno i «sì» sono tutti farina del sacco del Pd.
«Certo, ma è una parte minoritaria. Eravamo Renzi e il Pd da soli, mentre dall'altra parte c'era un'enorme marmellata».
Dopo questa clamorosa sconfitta al Pd serve un congresso?
«Prima viene il Paese e poi le nostre vicende interne. Dobbiamo risolvere la crisi di governo in atto e capire che esito avrà. Poi costruiremo un altro percorso. Già domani pomeriggio alla direzione del partito inizieremo a delineare il percorso».
Si aspetta le dimissioni di Renzi da segretario?
«Non me le aspetto. Abbiamo bisogno di un leader che guidi la comunità democratica. Lui ha avviato il cambiamento e vogliamo che continui a condurlo, sia pur da segretario».
In Lombardia chi ha vinto e chi perso di più?
«Eravamo Renzi contro il resto del mondo e il resto del mondo ha avuto un risultato più alto. Ma la partita delle regionali è aperta, anche perché il M5 stelle correrà da solo».
Il centralismo della riforma ha contribuito alla vittoria del «no»?
«In Lombardia il sì è andato molto meglio che nelle altre Regioni, quindi non penso. È stato un voto politico, di appartenenza. Pochissimi hanno fatto altri discorsi. C'è una sanzione politica al grido di no a Renzi».
Quali sono stati gli errori più gravi di Renzi?
«Se non avesse personalizzato lui lo scontro, lo avrebbero fatto avversari».
Si è fidato delle persone sbagliate?
«Si possono fare errori in politica. Ma Renzi si è battuto come un leone in una battaglia a viso aperto. Voglio sottolineare che, con grande dignità e coerenza, ha detto: era un punto qualificante del mio programma, lascio perché mi sento responsabile di questa sconfitta. Condivido la sua scelta».
Vede rischi di scissione nel Pd in Lombardia e a livello nazionale?
«Qui in Lombardia non vedo questo rischio, perché abbiamo sempre avuto un modello che ha condiviso le scelte più importanti. A livello nazionale non ho lo stesso polso che ho sulla Lombardia e non mi permetto riflessioni avventate».
Maroni ripropone il referendum sull'autonomia. Che ne dite?
«Ha avuto due anni di tempo e non l'ha mai fatto. Mi sembra un gesto di propaganda».
Non siete più d'accordo?
«Ma certo, noi siamo d'accordo da due anni. Siamo pronti a farlo domani il federalismo differenziato, ma con il governo. Il referendum costa 30 milioni. Perché aspettare su una cosa su cui sia mo d'accordo?».
Forse per sapere che ne pensa la gente?
«Vuoi tu lombardo più poteri e risorse? È come chiedere se vuole bene alla mamma. Un referendum così rischia anche la bassa partecipazione e di sminuire una battaglia che può essere condivisa da tutti».
Che prevede adesso per il Paese?
«Una
soluzione che garantisca in tempi rapidi la legge di stabilità, una legge elettorale e il rispetto degli impegni internazionali, come il G7 del maggio prossimo. Non possiamo arrivarci con una campagna elettorale in corso».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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