Brutte notizie per i duri del fronte no-Tav, che a Milano hanno una delle loro roccaforti. Finora a guidare le inchieste contro gli estremisti e i violenti della galassia che ha eletto la Valdisusa a teatro delle sue azioni era la procura di Torino, il cui capo Giancarlo Caselli è stato per questo subissato di insulti e minacce. Ma ieri scende ufficialmente in campo anche la Procura di Milano, in piena sintonia con Caselli, pronta a fare la sua parte nella repressione dei reati commessi in nome della lotta all'Alta Velocità. In tribunale avviene un incontro la cui rilevanza si intuisce anche dal fatto che era destinato a passare sotto silenzio, e solo la massiccia presenza di uomini di scorta ha fatto intuire che stava accadendo qualcosa.
Nella ampia stanza di Armando Spataro, memoria storica della lotta al terrorismo (che però non ha partecipato al summit), si ritrovano praticamente tutti i pm che indagano sugli estremisti della no-Tav: da una parte il gruppo dei torinesi, guidati dal capo Caselli e con i pm Andrea Padalino, Sandro Ausiello e Antonio Rinaldo, quelli che nelle scorse settimane hanno richiesto gli arresti di un folto gruppo di responsabili di azioni di violenza contro i cantieri e le imprese della Valsusa; dall'altra parte i milanesi, il capo del pool antiterrorismo Maurizio Romanelli e il pm Grazia Pradella, che da tempo indaga sugli ambienti anarco-insurrezionalisti, e che più volte si è imbattuta in personaggi della galassia no-Tav. Accanto a loro il capo della Digos milanese Bruno Megale e il suo collega Giuseppe Petronzi, che nel 2012 restò ferito da una bomba carta degli antagonisti.
Cosa si siano detti, ovviamente, non si sa. Dagli ambienti della procura si fa presente soltanto che formalmente non esiste una inchiesta congiunta delle due procure. Ma cambia poco o niente: identico è il fenomeno su cui le due procure indagano, e identici molti dei nomi che compaiono nei fascicoli aperti a Milano e Torino.
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