Cronaca locale

Un viaggio tra scarpe bio e tecno-alveari

Un viaggio tra scarpe bio e tecno-alveari

Mai pensato di seminare un paio di scarpe, far funzionare una cataratta nel deserto, misurare l'energia di un alveare o controllare una mucca col biometro? A Expo si può. La gente è convinta che sia un grande luna park con padiglioni dall'happy hour feroce «H24». Un «luogo non luogo», quasi un terminal d'aeroporto, dove fare il giro del mondo, mangiando cinese a pranzo e argentino a cena. E invece scopre che ad Expo di cibo intanto si parla anche molto. Una bella cura al caro prezzi e ai problemi di rifornimento che le food halls dei padiglioni affrontano ogni giorno, restando spesso nel tardo pomeriggio senza provviste, per via di problemi nei rifornimenti dovuti alla lentezza del rigoroso (e giusto) controllo sicurezza. E allora? Si fa di necessità virtù: rapido pic nic portato da casa, poi il tour riprende. Con il risultato che il cibo vero, servito per tutto il giorno, è quello della mente e dello stupore.

Molti padiglioni hanno preso alla lettera lo spirito dell'Esposizione: per raccontare la tradizione del loro cibo hanno coniugato tecnologia e fantasia con il risultato di un mix di «cose mai viste», degne del migliore dei blob futuristi. Prendi l'Inghilterra: «Non potevamo puntare sul fascino del fish and chips», ironizza Steven Jewitt Fleet, nel presentare il cuore del padiglione, un alveare di alluminio che muta colore riproducendo l'energia di un vero favo, mentre il visitatore lo percorre. In Israele e Thailandia sono invece partiti dall'inizio, seminando colture che col passare delle settimane cresceranno e si potranno mietere. Il riso thai cresce fuori dal padiglione e per ottobre si avranno molti chicchi, germogliati sotto gli occhi dei turisti. «Fuori» da Israele c'è, invece, un esempio di «coltura verticale»: pomodori e cereali crescono «appesi»”, «Per risparmiare spazio in un paese così piccolo», spiegano. C'è invece da rimboccarsi le maniche in Marocco: all'esterno le colture crescono irrigate da vere cataratte, una delle principale invenzioni arabe, mentre all'interno si può sperimentare il caldo del deserto e il freddo delle montagne dell'Atalante, grazie a dei ventilatori che riproducono i diversi climi del Maghreb.

In Azerbaijan e Qatar si risparmia la fatica dell'agricoltura e ci si siede direttamente a tavola, ad un desco virtuale dove si possono preparare i piatti con un clic, con meno stress che ai nostri fornelli. La tecnologia dà spettacolo in Kazakhistan: il video da gustarsi con gli occhialoni 3D è fra le attrazioni più gettonate e permette di volare sopra campi di girasole e montagne innevate, seduti comodamente in poltrona. In Colombia invece basta un ascensore per scendere in picchiata dal Nevado del Ruiz alle lusinghe coloniali di Cartagena, grazie ad una serie di video girati in «timelapse» per oltre un anno. In Germania, poi, il segreto è in un cartoncino con cui il visitatore interagisce con ogni totem esposto. «Stay active» è il claim di questo campo di idee dove tutto è pensato per stupire. «Anche le scarpe delle nostre hostess saranno riciclate: le suole sono piene di semi: le pianteremo e germoglieranno», spiegano Marion e Laura. Chapeau. Anzi.

«Uber alles».

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