La vicesindaco di ferro che vuole espropriare anche Palazzo Marino

Un sergente di ferro, una numero uno, un sindaco ombra. È il personaggio del momento Ada Lucia De Cesaris, e non fa nulla per nasconderlo. Non è passato neanche un anno dalla sua nomina a vicesindaco e la voce è sulla bocca di tutti: «Sì, vuol fare il salto, pensa al 2016».
In effetti che sia un capo si vede da lontano un miglio. Gli scontri che si è intestata, nello spazio di una mezza settimana, sono sul rifacimento del Vigorelli (con la Sovrintendenza) sulla vendita del palazzone di via Pirelli (con Hines) e sull'esproprio degli edifici trascurati dai proprietari (scontro con Assoedilizia). E qualcuno che non aspettava altro ha malignato subito che il primo stabile che intende requisire, per inerzia del titolare, sia proprio Palazzo Marino. Impossibile infatti non notare come il crescente attivismo del vicesindaco, e la sua esposizione mediatica, corrispondano a una certa stanchezza del sindaco, Giuliano Pisapia, secondo molti propenso a lasciare dopo solo un mandato.
La scadenza è lontana a venire, le condizioni politiche difficili e mutevoli. Che l'operazione riesca, insomma, è tutto da vedere, ma Ada Lucia sembra averci fatto più di un pensierino. E i numeri non le mancano. Descritta come un'instancabile lavoratrice e una tecnica preparata, è una signora della «Milano bene» ma non smania per i salotti, ha la determinazione e la forza della prima della classe. E il curriculum pubblico racconta un «percorso netto» a colpi di voti pieni alla maturità, laurea con lode, studi col professor Sabino Cassese, docenza universitaria, successi da avvocato, pubblicazioni giuridiche. Sull'altro piatto della bilancia pesa, è vero, un carattere - così si dice con un eufemismo - poco propenso a diplomazie e compromessi, classici ferri del mestiere per un politico. L'esempio più lampante si è avuto pochi giorni fa alla festa democratica di Milano, quando una qualche incomprensione sulla scaletta l'ha costretta a fare scena muta sul palco per tutta la sera, e lei ha platealmente mandato a quel paese il suo (ex partito), definendosi «una donna libera fortunatamente non più iscritta al Pd». Ne è sorto un caso politico, a fatica ricomposto fra sindaco e alleati. Ed è proprio il rapporto col Pd, oggi, il suo vero, grande punto debole. Molti nel partito lo ammettono: «Le relazioni con la giunta sono state abbandonate all'improvvisazione». E i risultati si sono visti: il Pd, nel giro di qualche mese, infatti, ha dovuto subire prima la sostituzione del vicesindaco, Maria Grazia Guida poi il licenziamento clamoroso di Stefano Boeri, che non era solo l'assessore alla Cultura, ma il candidato più votato alle Comunali e rivale proprio di Pisapia alle primarie del centrosinistra. La sfuriata sestese della De Cesaris è stata l'ultima tegola per il Pd.
L'avvocatessa, infatti, era arrivata alla promozione in giunta (all'inizio figurava solo come assessore) dopo una fortunata esperienza da coordinatrice milanese della corrente di Pier Luigi Bersani alle primarie del 2012. E questo poteva accontentare i compagni; ma ritrovarsela ora «contenta di non essere iscritta» li mette non poco in imbarazzo.

Lei intanto è diventata più estimatrice di Matteo Renzi ma questa è un'altra storia, che si incrocia con le ambizioni milanesi del sindaco di Firenze (vedi elezione del segretario provinciale) e con quelle ministeriali dello stesso Pisapia. Ada Lucia, intanto, non si è presentata al sopralluogo in via Pirelli con i vertici Hines. Perché, come dicono i suoi collaboratori con legittimo orgoglio, ogni giornata con lei riserverà «molte sorprese».

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