Altro che slogan: il «modello Milano» ha radici profonde, perché da sempre la capacità di ripensarsi, riorganizzarsi e risorgere anche quando tutto sembra perduto fa parte del dna meneghino. Prendiamo ad esempio l'800: si apre con l'arrivo di Napoleone, si chiude con una Milano già «capitale borghese» del giovane regno, ridisegnata sul piano urbanistico, industrializzata, interprete delle tensioni e dei conflitti di una società in rapida evoluzione. In mezzo, il moto d'orgoglio delle Cinque Giornate, la cacciata degli Austriaci, gli anni eroici dell'unificazione nazionale. Sul piano culturale, poi, è sempre stata un laboratorio di idee all'avanguardia, tutti i grandi sono passati da qui.Più difficile, semmai, è ricostruire l'immagine della Milano di tutti i giorni, i volti e i gesti di quei «milanesi della porta accanto» tanto cari a Manzoni perché, nel loro piccolo, erano loro a fare la Storia. Proprio a questo mira la mostra L'immagine dei milanesi nella vita quotidiana (1790-1890), a cura di Alberto Milano, da oggi al 21 febbraio a Palazzo Morando nell'ambito del palinsesto BiancoInverno del Comune. Centocinquanta le opere esposte, perlopiù inedite, tra fogli satirici, caricature, vedute e piante della città, calendari, stampe per la decorazione della casa e pubblicità provenienti dalle raccolte civiche e da privati, a comporre un raffinato «storytelling» della società ottocentesca milanese.L'idea è di far rivivere un aspetto poco conosciuto della vita cittadina durante quel secolo cruciale, rievocando usi e costumi dei milanesi di allora, i loro modi di fare e di dire, i loro attimi quotidiani per le vie, nei salotti, nei negozi e nelle attività commerciali. Fra i pezzi forti, «Il cantastorie», meglio noto come «Sciancato che suona il mandolino», un dipinto del 1852 di Gerolamo Induno ispirato agli Scherzi pittoreschi di Carlo Arienti (1821). O le oleografie «Il suonatore di piffero» e «Il venditore di giornali» (1883), attribuite a Panigati e Meneghini, che emergono da una collezione privata. Proprio come il bozzetto per calendario «Grand chic», litografia di Antonio Vallardi del 1858.Una vera chicca è l'incisione «Giornale e lunario 1818», di Giacomo Pirola.
Come non pensare al venditore di almanacchi immortalato da Leopardi nella celeberrima Operetta morale, che risale a quegli anni? Tra sorprese e curiosità, ampio spazio è dato all'evoluzione delle mode, fra abiti e accessori come borsette, cappelli, scialli e ventagli d'epoca, perché l'abbigliamento è status symbol, specchio del ruolo sociale e della condizione economica. Fra le mille storie raccontate c'è anche quella della caricatura, che fiorisce soprattutto nella seconda metà del secolo. E la grafica e l'editoria milanese che simulava l'effetto della pittura ad olio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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