Cronaca locale

Un weekend nell'Astigiano nella patria della robiola

Fino a domenica Roccaverano festeggia il formaggio con assaggi nelle bancarelle sotto la torre di Vengore

Roberto Perrone

Roccaverano, «la piccola capitale della Langa Astigiana», solo 400 abitanti, evoca per chi è minimamente goloso anche se non viaggiatore, la preziosa robiola. Il borgo sorge a 800 metri di altezza (il più elevato della provincia) sulla grande collina che divide le due valli Bormida, circondato da antiche torri di guardia, tra boschi e terrazze, cascine e pascoli. Roccaverano ha una dimensione storica testimoniata da pietre e memorie. Ogni casa, ogni portale, ogni immagine scolpita o dipinta su palazzi e chiese rimanda a fatti e vicende dei secoli passati. In un affresco, la robiola sembra già allietare le tavole nobiliari. Il nome forse deriva da rubeus che in latino designa il colore rossastro, tipico del formaggio maturo con la crosta che si arrossa, di cui Plinio si innamorò.

Parliamo di una robiola da latte caprino, a cui può esser aggiunto latte ovino o vaccino, che nella versione fresca si presenta con la caratteristica nota acidula, mentre in quella stagionata la pasta morbida cede e s'increspa. Tra Roccaverano e Monastero Bormida c'è il suo paradiso. Il latte crudo intero di capra viene dalle razze Roccaverano e Camosciata Alpina e dai loro incroci.

Il bestiame, tenuto al pascolo da marzo a novembre, viene nutrito, da disciplinare, senza mangimi OGM, di più, l'alimentazione degli animali deve essere assicurata, per l'80 per cento, da prodotti del territorio. Fresca o stagionata, la Robiola si caratterizza per una pasta bianca e morbida con un sapore dal delicato al deciso. Le dimensioni: diametro tra i 10 e i 13 cm, lo scalzo dai 2,5 ai 4 cm. Il peso varia dai 250 ai 400 grammi circa. Il consorzio di tutela, con 15 aziende produttrici vigila su questa eccellenza italiana.

Domani, sabato e domenica, sotto la Torre di Roccaverano, alta quasi 30 metri, per le strade e le piazze del borgo, si raduneranno tanti viaggiatori golosi per la festa della robiola. Si potranno degustare, nei banchi di cibo da strada, una serie di lussuriosi piatti tipici: gnocchi alla robiola; ravioli del plin fritti; la cugnà, a base di uva, mele, nocciole, pere madernassa, mele cotogne, fichi, albicocche, chiodi di garofano, cannella, frutta secca; la puccia puccia, soffice polentina cotta in un brodo di verdure (cavoli e fagioli) insaporita da un soffritto di lardo e cipolla e quindi condita con burro e formaggio oppure lasciata raffreddare e abbrustolita sulla stufa e legna; mele in pastella e torta di nocciole.

Per chi ama tenere «le gambe sotto il tavolo», il bar osteria del Bramante, sulla piazza, imbandirà la più pura tradizione piemontese: vitello tonnato, insalata russa, tagliatelle paglia e fieno al ragù di salsiccia, gnocchi con crema di robiola, coniglio in casseruola e gelato di crema fatto in casa.

La parrocchiale - la chiesa di Santa Maria Annunziata - domina la piazza e, come attesta una lapide, fu voluta nel 1509 dal vescovo Enrico Bruno, nativo del luogo, tesoriere di Papa Giulio II, che però morì pochi mesi dopo l'avvio dei lavori. L'impresa quindi fu portata a compimento dai nipoti, Paolo Emilio e Giovanni Francesco. Su progetto del Bramante, anche se non esistono documenti che lo attestino. Ma molti riferimenti sì.

La facciata, a capanna, appare tripartita da lesene, entro cui si inseriscono i profili di tre arcate. Sul frontone che la sormonta campeggia, in bassorilievo, a mezzo busto, il Salvatore benedicente contornato da quattro cherubini. Da visitare anche la Torre di Vengore, duecentesca, che serviva come vedetta verso la valle Bormida, di Spigno, il Ponzone, l'Acquese. Di base quadrata, alta e possente.

Nelle campagne attorno al Borgo ecco alcuni dei produttori di robiola: Amaltea dove si tratta la terra secondo antiche pratiche agricole; Giuseppe Abrile con i suoi eccellenti formaggi alle erbe e il robiolone di latte misto; la Masca che usa esclusivamente il latte di Alpina Camosciata; Franca Ghione con le sue robioline; Gianfranco Nervi, scoperto da Giacomo Bologna, l'indimenticabile vignaiolo della Monella che di lui disse: «Questo mette il pigiama alle capre».

Nel riprendere la strada di casa, c'è, per chiudere il cerchio, la cena al ristorante Della Posta a Olmo Gentile: mousse di Roccaverano, agnolotti del plin, faraona con patate al rosmarino.

E la discesa a valle sarà sazia e leggera.

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