Mimmo di Marzio
Ai confini della cosiddetta «zona rossa», Piacenza punta sulla cultura per uscire da questo periodo di difficoltà. E l'epicentro della rinascita potrebbe essere un ex stabilimento Enel dei primi del Novecento, sede del neonato centro espositivo per le arti «XNL», fortemente voluto dalla città e dalla Fondazione bancaria di Piacenza e Vigevano. Tremila metri quadri distribuiti su quattro piani sono ora il luogo che, da qui ai prossimi anni, potrebbe attirare il grande pubblico dell'arte non solo del nord Italia. Il titolo della prima mostra da poco inauguratasi pare emblematico, considerando il periodo non certo sereno per l'area che dalla Bassa Lombardia si estende all'Emilia: «La rivoluzione siamo noi», ovvero una rassegna di oltre 150 opere significative dei maggiori artisti contemporanei tra dipinti, sculture, fotografie e video. In realtà la forza rivoluzionaria sta nei contenuti di un progetto che, forse per la prima volta in modo eclatante, mette in mostra le grandi e medie collezioni private del Belpaese(diciotto in tutto) identificate con nomi e cognomi e addirittura con i volti degli appassionati mecenati spesso ritratti nelle opere degli stessi artisti. Per autocompiacimento o a voler ribadire legami di amicizia e riconoscenza. Non è un caso se la prima interessante sezione della mostra curata da Alberto Fiz rechi il sottotitolo di «Complicità», un valore fino a ieri sottaciuto nell'alveo dell'anonimato, e oggi invece rivelato alla luce del sole. «Questa mostra vuol sottolineare un cambio di tendenza - dice Fiz - mettendo in luce l'indiscutibile ruolo sociale che oggi hanno i grandi collezionisti nell'aprire al pubblico le proprie raccolte. Sono proprio loro, oggi, gli influencer dell'arte». Non è un caso, del resto, che del progetto piacentino facciano parte collezioni italiane già da tempo operanti sul territorio, come quella di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo di Torino o del bergamasco Tullio Leggeri fondatore del fu «Museo» ALT di Alzano. Ecco allora che nella sezione «Complicità» compare una serie di ritratti-dediche, come quello dello stilista napoletano Ernesto Esposito in un'immagine ambigua di Helmut Newton o come quello di Paolo Consolandi fotografato da Thomas Struth con tutta la famiglia. E ancora, ecco Patrizia Sandretto ritratta in piedi con un gioiello americano degli anni cinquanta da Clegg & Guttmann, oppure il volto di Giuliano Gori accanto a un albero meccanico in una particolare elaborazione della poltrona Proust di Alessandro Mendini. Immancabile uno «specchio» di Michelangelo Pistoletto, qui in mostra con l'immagine serigrafata di Giovanni e Chiara Flordi o il profilo di Natalina Remotti ritagliato da Eduardo Arroyo. E ancora: la scultura di Barry X Ball in lapislazzuli dedicata a Laura Mattioli, il ritratto di Giorgio Fasol dipinto in un contesto artificiosamente naturalistico da Matteo Fato, la foto della famiglia Palmigiano messa in scena da Alice Ronchi con la poesia di Giorgio Gaber, mentre una grottesca composizione di Thorsten Kirchhoff dispone verticalmente la famiglia Leggeri insieme al loro cane.
La grande festa dei collezionisti, che si estende anche all'adiacente (poco conosciuta ma pregevole) Galleria d'Arte Moderna Ricci Oddi, invade gli spazi con opere spesso inedite, come spesso avviene al di fuori dei circuiti classici dei musei contemporanei; da Andy Warhol a Piero Manzoni, da Maurizio Cattelan a Marina Abramovic, la mostra si rivela un interessante spaccato dell'arte degli ultimi 50 anni, con accostamenti provocatori (come la relazione tra Giorgio De Chirico e Giulio Paolini) e non pochi aneddoti.
Come quello che ebbe per protagonista Lucio Fontana, autore di «Concetto spaziale, Attesa», offerto nel '66 dal maestro alla Collezione Consolandi dopo un taglio su una tela del suo assistente Hisachika Takahashi. Quel taglio rese famoso il quadro, ma anche il giovane artista giapponese...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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