Un milione di euro: il prezzo dell’integrazione mancata dei cinesi nella nostra città. Questo quanto ha speso la giunta Moratti per aiutare e offrire assistenza sociale, linguistica e legale ai cinesi appena sbarcati a Milano. Che prendono ciò che la pubblica amministrazione offre loro, con i soldi dei contribuenti, e continuano imperterriti a fare il bello e il cattivo tempo. Basta fare un salto in Chinatown: vedere per credere. Carrellini che vanno e vengono a ogni ora, nonostante i divieti, grossisti che espongono pile di merce in vetrina, sotto insegne scritte rigorosamente in ideogrammi. Insomma, d’integrazione neppure l’ombra. E dire che avrebbero dovuto aver lasciato via Sarpi da un pezzo. Questo mentre l’assessorato alle politiche sociali del Comune finanzia, con i con fondi della legge 285/97, due progetti organizzati dalla fondazione Monserrate di Chiara d’Imporzano per l’integrazione della comunità cinese. Stiamo parlando dello sportello interculturale, che ha ricevuto un contributo di 200mila euro all’anno, per tre anni consecutivi, e del progetto di formazione insegnanti e volontari, che ha ricevuto 300mila euro in totale. «Il Comune di Milano - spiega l’assessore alle Politiche sociali Mariolina Moioli - ha scelto di finanziare questo progetto per la sua qualità, perché mette la comunità cinese in grado di essere protagonista nella società. Questo progetto risponde all’azione politica del Comune: integrare tutti gli stranieri, facendo sì che ognuno diventi agente sociale». Lo sportello, infatti, è stato selezionato dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia come buona pratica tra i progetti finanziati dalla legge 285/97.
Non sembra, però, che l’interesse dei cinesi sia quella di integrarsi, regolarizzazione e documenti a parte. «I cinesi considerano l’Italia una seconda patria, gli italiani infatti sono simpatici, gentili e non sono arroganti» commenta il console generale aggiunto He Fengyun. Peccato che in Paolo Sarpi la situazione sia tutt’altro che risolta... «I cinesi hanno i loro punti di vista. Chiedete ai grossisti cosa vogliono» replica il console. «Impossibile, se si entra in un negozio in Sarpi il proprietario fa finta di non parlare l’italiano e non risponde alle domande». «Ah ah» è l’unica risposta che si ottiene. Ma ormai il Comune ha deciso... «No no, il discorso è ancora aperto».
Lo sportello interculturale, aperto in via Ciaia 12, nella parrocchia di Dergano mira ad aiutare e spiegare agli orientali appena arrivati sul territorio i servizi offerti dalla città e aiutarli a sbrigare le pratiche burocratiche: permesso di soggiorno, lavoro, corsi di italiano, come farsi curare e dove. Allo sportello «Finestra di amicizia» lavorano, infatti, volontari italiani e cinesi, psicologi e mediatori culturali, che aiutano gli immigrati a compilare domande, scrivere un curriculum, ottenere il ricongiungimento famigliare. Duecento le domande pervenute nel primo anno di attività: il 46% da parte di donne e il 54% di uomini. Sul totale il 49% arriva da ragazzi con meno di 19 anni, il 24% tra i 20 e i 24 anni e il 14% da persone tra i 30 e i 39 anni. Su tutte le richieste avanzate dalle donne, il 49% proviene da ragazze fino 19 anni, il 50% delle domande firmate dagli uomini, invece, proviene da ragazzi con meno di 19 anni. Cosa chiedono gli orientali? Imparare l’italiano e ottenere assistenza sanitaria gratuita, lavoro, casa e documenti.
Il Comune ha speso bene il suo milione di euro, a giudicare dai risultati: un cinese che aveva perso il lavoro in pizzeria ha ottenuto l’indennità di disoccupazione, una signora ha ottenuto un posto nella graduatoria per la case popolare e un’altra è riuscita a inserire le figlie all’asilo.
I cinesi ringraziano...
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