Milius contro Hollywood «Mi boicottano perché sono militarista»

Il regista Usa: «Ora sono sulla lista nera e non mi fanno lavorare»

da Canale Monterano (Roma)

Prende in mano il filo del ricordo partendo dal surf, la cui struggente sinfonia ha fissato nel suo film più noto, Un mercoledì da leoni, capolavoro del 1978 riproposto ieri, al Santa Marinella Film Festival. Gioviale, corpacciuto, sepolto insieme alla moglie ex-attrice Elan Oberon alle Terme di Stigliano, il regista Usa John Milius dice: «Nel surf, che per me resta leggenda, esiste una gerarchia, regolata dalla struttura tribale, dove i più anziani ed esperti in questo nobile sport vengono rispettati come capi». Data la stazza, Milius non pratica più il surf, ma lo vagheggia sempre. Certo, Santa Marinella non somiglia a Malibù, le cui onde alte come palazzi vengono cavalcate dai giovani protagonisti di Un mercoledì da leoni.
Che cosa resta, oggi, con le tribù dei consumatori nel mondo del capitale globalizzato? «Rimane il peggio del capitalismo. Mi duole dirlo, purtroppo, ma Marx aveva ragione, scrivendo ai suoi tempi di ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri», commenta il regista. «L’America verrà distrutta dai potenti gruppi di private equity, che creano insanabili divari economici. In giro vedo solo gente che vive sulle spalle degli altri. Però, da militarista convinto, ho la mia legione di appartenenza: quella dei surfer». Se la ridacchia, Milius, forte del lento ripiegarsi della sua vita di autore tra i più implacabili e ribelli allo star system.
«Adesso, io, impolitico assoluto, individualista convinto, sono sulla lista nera degli hollywooditi e come sentono il mio nome, un bel frego e via! Ma proprio come nell’antica Roma, che adoro, la decadenza si sta imponendo, in America, per mano delle corporations. Si arriva a vendere il marchio della ribellione, tramite le magliette con su stampato il viso di Che Guevara». Il Milius di oggi, fermo dal 1991, quando firmò L’ultimo attacco, prima di darsi alle miniserie tv, emette giudizi lontani da una realtà per nulla intrepida. «I nuovi eroi? Sono i soldati americani in prima linea in Iraq, che rispetto profondamente. Amo il militarismo degli Apaches, pronti a combattersi tra loro pur di affermare il proprio senso del coraggio. E adoro quella battuta di Marlon Brando, in Il selvaggio, quando a chi gli chiede: “Contro che cosa ti ribelli?“, lui risponde. “Tu, che cosa mi proponi?”. L’organizzatrice del Santa Marinella, Olga Strada, racconta che Milius ha scelto di venire nell’Alto Lazio, perché qui, tra le vestigia etrusche e i crateri lunari delle riserve intorno ai Monti Sabatini, ha girato i suoi spaghetti western l’amico Sergio Leone. «Un regista che amo, ma che non poteva esistere, senza Fellini. Sono cresciuto con La dolce vita, Le 4 giornate di Napoli di Nanni Loy, La battaglia di Algeri di Pontecorvo, al quale ho rubato alcune scene per Alba rossa. Altri tempi: ora vincono soli i film di cassetta».
Sul cinema italiano di oggi il collega Tarantino ha sparato a zero. Cosa ne pensa? «Provo affetto per lui.

Mi si presentò, da ragazzo, sul set di Fratelli nella notte, spacciandosi per redattore di Sight&Sound, mentre era commesso in un negozio di dischi. Dopo una settimana, lo scoprii e gli demmo una sedia, col suo nome. Sono stato io a scrivergli la prima lettera di raccomandazione, per entrare nel dorato mondo di Hollywood!».

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