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Mille clandestini sono tornati liberi grazie al Parlamento

Maroni: "Questo è un indulto. Colpa di chi ha bocciato la norma che prolungava la permanenza nei Cie. Il pacchetto sicurezza va varato subito"

Mille clandestini sono tornati 
liberi grazie al Parlamento

Roma Una decisione «sciagurata», voluta da «buonisti e masochisti», che rimette da oggi in circolazione sul nostro territorio 1.038 clandestini fino ad ora trattenuti nei Centri di identificazione ed espulsione (Cie). E nelle prossime settimane, aggiunge il sottosegretario al Viminale, Alfredo Mantovano, sono già pronti ad uscire altri 300 irregolari.
Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, denuncia: la mancata approvazione da parte del Senato della norma che prevede di allungare a sei mesi i tempi di trattenimento nei Cie per i migranti irregolari, si è trasformata di fatto in una sorta di «indulto» per i clandestini ai quali sono già scaduti o stanno per scadere i 60 giorni di trattenimento previsti dall’attuale legge. La norma sui Cie, contenuta nel cosiddetto decreto anti-stupri appena licenziato in via definitiva da Palazzo Madama, era stata cancellata già alla Camera grazie all’approvazione di un emendamento presentato dal Partito Democratico ma votato anche da una piccola parte del centrodestra. E già allora la Lega era andata su tutte le furie. I tentativi di reinserire le norma a Palazzo Madama sono falliti ed a questo punto la Lega punta a blindarli dentro il ddl sicurezza che dovrebbe essere approvato da Montecitorio entro due mesi. Intanto però il decreto è scaduto ed i clandestini escono.
L’allungamento dei tempi di permanenza nei Cie è previsto anche da una direttiva europea ed è sicuramente il provvedimento cui il Viminale tiene di più insieme al via libera per le ronde. Tanto che Maroni si è detto disponibile a rinunciare all’altro contestatissimo punto, quello che prevede la possibilità per i medici di denunciare i clandestini che si rivolgono alle strutture sanitarie.
«La norma sui Cie e quella sulle ronde vanno approvate in tempi stretti - dice il ministro -. Senza questi strumenti il problema non sarà mio ma dell’intero governo». E a questo punto nel centrodestra sarebbe stato raggiunto l’accordo per l’approvazione dell’allungamento dei tempi di trattenimento. «Domani ci sarà un incontro con tutta la maggioranza per dare il via libera al ddl sicurezza e anche alla mia proposta di portare a sei mesi il trattenimento nei Cie», spiega lo stesso Maroni da Varese, dove ieri si trovava per le celebrazioni del 25 Aprile. «È necessario adeguare la nostra legge a quella europea perché altrimenti l’Italia continuerà ad essere l’attrazione fatale di tutti quelli che vogliono entrare in Europa», prosegue Maroni che indica chiaramente i responsabili di questa situazione. Prima di tutto il Pd e quella «sinistra che ci accusa di non fare mai abbastanza» e che invece poi in Parlamento «con l’emendamento firmato dal leader Dario Franceschini ha permesso la bocciatura di tutte le norme anti-clandestini». Maroni poi punta il dito contro «chi nella maggioranza sposa politiche buoniste che sono deleterie e masochiste». Ovvero contro quei rappresentanti del Popolo della Libertà che alla Camera col voto segreto affossarono la norma sui Cie. Quando il decreto anti-stupri era stato varato dal consiglio dei ministri il 20 febbraio scorso anche la norma sull’allungamento dei tempi di trattenimento nei Cie entrò subito in vigore. Il decreto è formalmente scaduto e la mancata approvazione da parte del Parlamento ha provocato l’immediato via libera per tutti coloro i quali erano nei Cie da più di 60 giorni e così sarà anche nelle prossime settimane. In alcuni centri la libera uscita è iniziata subito dopo il voto del Senato, ovvero dal 23.
I sindacati e le forze di polizia apprezzano l’intervento di Maroni, denunciando come il loro lavoro venga vanificato dalla mancata approvazione della norma.

Il sottosegretario Mantovano si augura che in occasione della discussione sul ddl sicurezza «il Parlamento dimostri un maggior senso di responsabilità» anche perché «c’è la necessità di andare oltre i due mesi» per l’identificazione.

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