In America è tutto un cinguettio. Nel senso dei messaggi che si moltiplicano su Twitter. È un frullare di ali dedicato a John e Jackie, cinquant’anni dopo l’evento, l’elezione di John Fitzgerald Kennedy alla presidenza degli Stati Uniti. Ci sta pensando Caroline Bouvier Kennedy, avvocatessa e figlia della coppia leggendaria, sposa di Schlossberg. Due giorni fa lady Caroline ha inaugurato la «Jfk Presidential Library» a Boston e ha voluto celebrare l’evento riaprendo il diario di famiglia, anzi di suo padre.
Di quell’epoca che durò mille giorni, di quel tempo caldo della campagna elettorale, tornano alla luce molti particolari, non tutti. La fantasia è confortata dalla memoria, trattasi di petali di rose, piumini di cipria, mammole e dolci pensieri, ovviamente. Ci sono le memorie di Jacqueline che essendo incinta si scusa di non poter presenziare a un comizio del marito, ci sono le parole immaginarie e immaginate di John che si accinge al passo più importante della sua esistenza e della sua carriera. Si potrebbe dire che ci troviamo di fronte ai pizzini di Kennedy, rivisti e corretti in soluzione ipertecnologica, un’agenda virtuale, una seduta spiritica con qualche aggancio alla realtà vissuta da Caroline e ritrovata negli scarabocchi di suo padre, nelle fotografie del tempo, nei filmati e nelle interviste radiofoniche, l’avatar di Kennedy che, con le spalle forti degli sponsor (At&t tra questi) sta provocando una montata lattea prevedibile visto il mito di cui si tratta.
Ma i cinguettii si fermano alla poesia, la vita romanzata di John resta fuori dal Twitter, i suoi tradimenti, i suoi bunga bunga non risultano agli atti. Non potrebbe essere, la versione di Caroline non è quella di Barney, qui è tutto politically correct, non un fiato, non un sospiro diverso dalla fiction di una figura politica che non è stata più tale dopo la sua tragica morte a Dallas, un cinguettio diventato urlo straziante. John Kennedy è l’icona, come sua moglie Jacqueline Bouvier, il tempo concede la tregua, la storia di un rapporto matrimoniale difficile si fa morbida e romantica, è severamente proibito riaprire file compromettenti, meglio esibirsi, allora, sui pensieri e le parole che accompagnarono il mito lungo la sua avventura presidenziale, dunque la Baia dei Porci, Nikita Krusciov e l’incubo di un conflitto nucleare, le perplessità legate al Vietnam, un film dall’aldilà per chi non visse quell’epoca e vive, dunque, affascinato dai racconti, dalle immagini, oggi da questa nuova produzione fantaletteraria. Per il momento la «biblioteca» kennedyana si ferma a otto milioni di pagine, ne restano altre quaranta ma si annunciano nuovi messaggi, sicuramente tutti coerenti alla linea, al romanzo, alla poesia.
Da mercoledì venti gennaio si potrà viaggiare con il pensiero e la fantasia leggendo quello che scaldava il cuore e il cervello di John Fitzgerald Kennedy la notte tra il ventuno e il ventidue novembre del Sessantatre. Venne poi l’alba di Dallas. Tutto quello che avvenne prima, lontano dal cinguettio, lontano, forse, dalla Casa Bianca, lontano, sicuramente, da lady Bouvier, resta nei cassetti. Chi ha buttato via la chiave?
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