Fenomenologia di Silvio Berlusconi. L’imputato più imputato della storia d’Italia. È lui stesso ad aggiornare le cifre che indicano una bulimia giudiziaria senza precedenti: più di cento indagini aperte, 109 o 110 secondo gli esegeti più attenti, 28 processi e 2.560 udienze. Senza ironie, ma questi sembrano i numeri, agguerriti, di un clan al gran completo più che di un imputato uno. E invece è proprio così: il costo sostenuto dal Cavaliere per pagare le parcelle degli avvocati, dei consulenti e tutte le altre spese raggiunge, a suo dire, l’astronomica e infrequentabile soglia dei 300 milioni di euro. Il fatturato di una media azienda. E poi ci sono le perquisizioni ad Arcore e dintorni: gli ultimi dati, da rivedere e alzare, indicano che si è superata quota cinquecento.
Sbalorditivo. Com’è stupefacente il numero delle Procure che sono andate all’assalto di Berlusconi. Da Milano a Palermo, da Roma a Trani: il federalismo giudiziario è stato applicato al presidente del consiglio. Mese più mese meno, è dai tempi della discesa in campo, fra la fine del ’93 e l’inizio del ’94, che il premier è sotto assedio.
Una generazione di cronisti giudiziari è cresciuta cercando di mettere ordine nei procedimenti aperti contro il Cavaliere. Le tangenti alla Guardia di finanza, quelle del primo storico avviso di garanzia, il Lodo Mondadori, Macherio, la Medusa, le rivelazioni dell’Ariosto, la compravendita di Lentini. Si compilano liste, quasi sempre incomplete, e poi si deve correre dall’altra parte delle penisola. A Palermo si è sviluppato tutto un filone di indagini relative a Cosa nostra e dintorni, le stragi, i mandanti esterni, le origini di Forza Italia, i capitali di Fi e via accerchiando. Inchieste senza scadenza, perché si aprono, poi tornano in naftalina, circolano col sistema dei vasi comunicanti fra le diverse procure più o meno competenti, Palermo-Caltanissetta-Firenze-Milano, tornano al punto di partenza, riesplodono.
Le stesse accuse, quasi leggende metropolitane, ingrossano fascicoli ormai ingialliti ma sempre promettenti. Lui parla apertamente di «persecuzione». I magistrati ripetono come un mantra lo stesso ritornello: facciamo il nostro dovere. Ma alla fine rovistano sempre dalle parti di Arcore. La catena di montaggio degli avvisi di garanzia è perennemente in funzione.
Solo i conteggi finali sono modesti. Cifre quasi imbarazzanti per lo sforzo prodotto. Su 28 procedimenti, 10 si sono chiusi con l’assoluzione, 13 sono finiti direttamente in archivio, cinque sono ancora aperti. Quello di Trani, il caso Ruby, fresco di scoppio, e le cosiddette tre M: Mills, Mediaset, Mediatrade. Ovvero i tre fascicoli al centro dell’attenzione per via della sentenza della Consulta. Un verdetto che tutti consideravano uno spartiacque e ora, in un certo senso, appare già archeologia giudiziaria. Perché non c’è stato nemmeno il tempo per analizzare la decisione della Corte costituzionale: il fronte si era già spostato sulla nuova frontiera delle accuse legate al sesso. A ben guardare, al Cavaliere è stato contestato mezzo codice penale. Ma il duello, come in un celebre racconto di Conrad, va avanti. E niente o nessuno sembra in grado di fermarlo.
Una condanna che sia una, però, non c’è. Più di quindici anni di battaglie campali non hanno portato a nulla.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.