«The Millionaire», il film che aveva previsto le stragi in India

RomaCerto fa un po’ effetto vedere in questi giorni un film ambientato a Mumbai che mostra in una delle prime sequenze la violenza «religiosa» esercitata su persone inermi da un gruppo di musulmani. Ma questo non è il lato rilevante, anche se significativo, di The Millionaire. Perché il film diretto da Danny Boyle, in uscita venerdì prossimo, è la trasposizione cinematografica di Q&A, il libro di successo mondiale dell’indiano Vikas Swarup (edito in Italia da Guanda come Le dodici domande), in cui si raccontano le peripezie del 18enne Jamal Malik, venuto su nei sobborghi di Mumbai e per questo costretto a spiegare alla polizia come abbia fatto a rispondere a tutte le domande del quiz tv Chi vuol essere milionario. Il dubbio, naturalmente, è che si tratti di un caso di truffa. Ma attraverso le 12 domande d’un conduttore intento a prendere in giro i concorrenti e quindi molto meno simpatico del nostro Gerry Scotti, scopriremo che tutta la vita di Jamal è costellata da eventi, per lo più drammatici, in cui il ragazzo riesce a trovare il tassello per la risposta. «Mi hanno proposto lo script ma non mi interessava dirigere un film su un quiz tv. Poi ho visto che lo sceneggiatore era lo stesso di Full Monty e dopo poche pagine ho capito che era la mia storia, il film che volevo fare», racconta Danny Boyle, l’eclettico regista inglese di Trainspotting, The Beach, 28 giorni dopo e Sunshine.
Una storia perfetta - i cinici diranno «furbetta» - per piacere al grande pubblico (vincitrice al Festival di Toronto, negli Stati Uniti è già diventata un caso tanto che già si parla di candidature agli Oscar), perché al melodramma di Jamal aggiunge una forte dose di romanticismo con la splendida Latika destinata a coronare il suo sogno d’amore. «L’attore che interpreta il presentatore, che in India è una star - quasi si scusa il regista -, mi ha detto che per i loro standard il film non è poi così melodrammatico». Bollywood è famosa per le sue messe in scena esagerate ma il film di Danny Boyle si inserisce in toto in quel filone estetico ed espressivo: «Hollywood ormai guarda a Bollywood. La Disney ha realizzato il primo film di animazione interamente in hindi e mentre noi giravamo a Mumbai c’era Will Smith a sondare il terreno». Il regista, scioccato di «sapere che i terroristi hanno agito nella stazione ferroviaria dove abbiamo girato la sequenza del ballo finale», racconta la sua esperienza: «L’India è un posto straordinario. Gli hippy l’hanno sempre detto, ma io ero un punk e quindi non ci credevo.

È il luogo degli estremi, degli opposti, dei contrasti: grande povertà e altrettanta ricchezza. È un Paese che mi ha cambiato, sono diventato un regista migliore. E non m’importa se ora posso sembrare un vecchio hippy».

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