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Milo Manara finisce di "miniare" il capolavoro di Umberto Eco

Arriva la seconda parte della graphic novel e una mostra a Milano con le tavole originali

Milo Manara finisce di "miniare" il capolavoro di Umberto Eco
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Il nome della rosa torna nelle librerie con la seconda parte della graphic novel firmata da Milo Manara (Oblomov, pagg. 72, euro 22). Il quale lo ha portato a termine, cesellando e miniando, a partire dal testo e dalle suggestioni visive insite nel capolavoro di Umberto Eco ed esplicitate anche dal film e dalla serie tv che ne sono state tratte. Questo secondo capitolo della versione a fumetti, realizzata dal maestro della nona arte per i tipi della casa editrice Oblomov (come il primo, del 2023), verrà presentata oggi, alle 18 al Volvo Studio di Milano, dove le tavole resteranno in mostra fino al 15 gennaio 2026. Alla serata interverrà lo stesso disegnatore. La mostra assume inoltre un significato particolare perché cade in occasione dei 45 anni dall'uscita del romanzo di Umberto Eco e degli ottant'anni di Milo Manara.

Manara, un autore solitamente associato all'erotismo per la sensualità carnale dei suoi personaggi femminili, è anche un artista di enciclopedica cultura, in grado di rievocare con sapienza le epoche storiche giocando tra realtà, fantasia e citazione, con il suo tratto chiaro e pulito, che è sensuale proprio perché sublima i corpi.

Le tavole della prima parte dell'opera, e quelle che si aggiungono ora, colpiscono soprattutto per l'accuratezza dei dettagli. E i dettagli non sono mero gioco stilistico, o esibizione di bravura, ma un continuo richiamo al romanzo e anche all'immaginario cinematografico che sul romanzo è stato costruito. Evitando però sempre l'effetto "fotocopia", del già visto, anzi giocano con l'iconografia del pop in modo spiazzante. Tanto per dire, un Guglielmo da Baskerville, con il volto di Sean Connery, uguale alla versione cinematografica diretta nel 1986 da Jean-Jacques Annaud, sarebbe stato invero molto banale. Manara ha optato per un Guglielmo con le molte più ironiche fattezze di Marlon Brando, che spiazza il lettore ma risulta egualmente affascinante. Come a molti pare di poter scorgere nelle sembianza di Bernardo Gui quelle del nostro direttore Alessandro Sallusti, senza che se ne sappia il perché.

Come aveva spiegato Manara, relativamente al primo volume, proprio al nostro quotidiano: "Mentre il libro era una citazione di libri... il fumetto doveva essere una citazione di segni, di disegni...". Operazione perfettamente riuscita anche col secondo capitolo. Anche grazie ad un elegante poetica del colore, messa in campo dalla colorista Simona Manara, che evoca il giusto contrappunto emotivo, dove il predominare di toni virati al grigio, azzurrati e seppiati, dà ancor più forza al periodico esplodere del colore, come nei vestiti degli alti porporati.

Ovviamente Manara ha dovuto operare delle scelte nell'enorme mole del romanzo. Come aveva spiegato all'uscita del primo volume: "L'ho riletto pagina per pagina al momento di scegliere i dialoghi e continuo a rileggerlo adesso che sto facendo il secondo volume. Lo passo con la lente d'ingrandimento guardando proprio le parole, perché già nel primo volume, appena uscito, tutte le parole riportate sono quelle del libro, io non ne ho cambiata una sola".

Un lavoro di cesello che ha messo sotto la sopracitata "lente d'ingrandimento" soprattutto lo scontro tra il mondo alto del potere, e gli umili che devono vivere ai margini e cercare di sfuggire ad un controllo opprimente. Un'ottica che viene evidenziata dalla scelta di Adso come protagonista, il perfetto punto di congiunzione tra i due mondi. Si muove tra le stanze dove è assiso l'inquisitore Bernardo Gui (1261-1331), e le cucine o le stalle dove si muovono gli "umili" e tutto assume le tinte del fuoco e del sangue.

Per il resto questo medioevo a disegni è un caleidoscopio che moltiplica l'effetto matriosmka già presente nel libro di Eco. Il risultato è un mondo rutilante dove ogni oggetto messo nelle tavole racconta una storia. Quanto ai dialoghi la bravura di Manara è quella di adottare, praticamente sempre, i dialoghi originali di Eco riuscendo ad inserirli nella trama a disegni così come sono. Tutto quello che c'è nel Nome della Rosa a fumetti c'è anche nell'originale, a volte valorizzando il dettaglio che nel romanzo si rischia di perdere.

E sì come potete immaginare le tavole dell'incontro di Adso con la ragazza sono di struggente e languido erotismo.

Ma questo per Manara è, infondo, la parte più facile del gioco: una rosa dentro la rosa più grande di un romanzo a disegni.

Il vero colpo da maestro è creare una gigantesca miniatura pop, godibilissima nel libro e nella mostra milanese a cura di Elisabetta Sgarbi e allestita da Luca Volpetti.

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