Una Mina "spagnola" duetta con Ferro, Bosé e Buarque

Con una voce che sa di miracolo rivisita anche classici come "Parole, parole" e "Questione di feeling"

Una Mina "spagnola" duetta con Ferro, Bosé e Buarque
Milano - Non che sia una novità, l’affetto che la Signora riserva al mondo latino, fin dai primordi della sua lunghissima carriera. Sicché stupisce davvero poco questo Todavìa, l’album che Mina - la Signora, per l’appunto - pubblica oggi secondo una scadenza liturgica da anni irrevocabile: ché se la primavera ci porta la Pasqua, l’estate l’Assunzione e l’inverno il Natale, l’autunno ci dona ormai da decenni, con altrettanta puntualità, un nuovo album della nostra somma cantante.

Che dire del nuovo manufatto, finemente prodotto e arrangiato da Massimiliano Pani? Che non lesina prevedibilità e neppure emozioni: e infatti era prevedibile, ma non per ciò meno emozionante, che la voce della grande artista, sessantasette anni compiuti, mantenesse lo squillo, la duttilità, l’estensione dei trent’anni, di più, l’irruente carnalità, l’abbacinante lucentezza, il fraseggio ampio di quando l’ex Baby Gate cominciò a sbalordirci col Cielo in una stanza. Esistono i miracoli? Questa volta sì, che esistono. E così ecco Grande amor, una decorosa canzone di Giulia Fasolino, attingere inaudito spessore dalla mordente lettura di Mina, inaugurando questo disco che riprende brani già noti per riproporli in spagnolo - una delle traduzioni, quella di Un anno d’amore, è, nientemeno, di Pedro Almodóvar -, riarrangiati secondo il lessico musicale di un’area geopolitica che dalla Spagna arriva al Sudamerica sfiorando anche California e Florida.

Donde un disco caldo, pagano, pieno di sensualità popolaresca. Il tutto esaltato, e fors’anche sublimato, da una vocalità che ha frantumato il concetto di inosabile, senza che la bravura tecnica faccia velo all’intelligenza interpretativa: e infatti ecco la supplice accoratezza di Vuela por mi vida come l’ironia amarognola di Llevate ahora, la discorsiva Corazòn felino e la sontuosa Uvas maduras, del nostro grande Zucchero: melodia dal passo di gazzella, nel testo e nelle note un inno alla natura, all’amore e al privilegio di vivere.

Poi, se Nieve, degli Audio 2, non passerà alla storia, provvede la cantante ad aggiungere inflessioni, preziosità e vibrazioni da grande pagina. Così come in Agua y sal, ancora degli Audio 2, dove un compìto Miguel Bosè s’inserisce senza fare danni e senza presumere troppo di sé, rispettando l’ineluttabile superiorità di lei. C’è invece Piero Cassano, con Pani e Valentino Alfano, tra gli autori della riflessiva No sé eres tù, rifatta da Mina con levità di humor. E c’è il mitico Giorgio Calabrese, ancora con Pani e Claudia Ferrandi, tra i firmatari di Còmo estas?, che conclude l’album in bellezza: appassionatamente cantata, ben di là dai suoi limiti.

Ma - utili, certo, non indispensabili - intervengono pure alcuni duetti, a donare a questo Todavìa un piccolo valore aggiunto. Duetti di vario livello, s’intende: così ecco le voci di Bosè, Diego Torres, Diego “El Cigala”, Javier Zanetti (in Parole, parole) affiancarsi qua e là alla voce di Mina. Ma dove si respira l’aroma della vera grandezza è soprattutto in una trepidante Cuestion de feeling, con un intenso Tiziano Ferro nel ruolo che fu di Cocciante.

E ancor più in Valsinha, di Vinicius de Moraes e Chico Buarque: melodia lieve, avvolgente, col canto gentile degli archi diretti da Gianni Ferrio e con i due interpreti, lei e Buarque, a distillare emozioni e sentimenti in punta di voce. Senza contare un bellissimo brano del catalano Joan Manuel Serrat, dalla cui Tieta Paolo Limiti ricavò anni fa, appunto per Mina, un testo del tutto estraneo all’originale, e nacque così Bugiardo e incosciente.

Ora Mina riscatta quel lontano sfregio al grande maestro, cantando con lui in spagnolo, senza la mediazione di traduttori felloni, questa Sin piedad. E il risultato è un’appassionante elegia, un condensato vibrante di «sangre y fuego».
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