La ministra ombra riscopre gli Usa ma rimedia una serie di figuracce

Ma chi la paga? E ancor prima, essendo l’estetica più importante del vil danaro: non c’è nessuno tra chi le vuol bene che trovi il coraggio di consigliarla a lasciar perdere, ofele’ fa il to mesté?
Con quanto tremito nel cuore, i lettori dell’Unità han dovuto seguire le cronache dal nuovo mondo di Giovanna Melandri, ex ministra dell’Ulivo e titolare ombra di un ministero che non c’è più. Ha riscoperto l’America, dove per altro è nata. Come Violante, che appena messo piede a New York già inviava il suo bel diario di viaggio al Riformista. Come Lapo Pistelli, che andato a “seguire” la Convention democratica, tracimava dal suo blog con lunghe e sapute cronache. E comunque sulla scia di Veltroni, l’amerikanino che a Manhattan ha comprato casa.
Lei però, ha superato ogni traguardo immaginabile, se persino Europa, l’altro quotidiano del suo partito, ieri non ce l’ha fatta a frenare il sarcasmo e commentando il «possibile incarico» per Powell annunciato da Obama, ha staffilato: «Veramente c’era prima la Melandri». Pochi giorni trascorsi a correr dietro al candidato democratico nelle ultime battute della campagna elettorale americana, e altrettante “corrispondenze” da incorniciare. Ricche di riflessioni come: «E questa è una democrazia vera». Oppure: «Mi chiedo quanta distanza ci sia tra la middle class di Philadelphia ed i lavoratori del nord Italia che hanno votato per la Lega». O ancora: «E ci ha aperto il cuore» quando un droghiere, «punto di riferimento della Little Italy di South Philly» ha mostrato «con orgoglio la foto di Obama tra le prelibatezze italiane».
Già, perché quelli di Obama, vuoi scherzare?, a lei «hanno chiesto di lavorare con la comunità italoamericana». Peccato che su questo “lavoro” abbia serenamente sorvolato, poco o punto riferendone nelle sue cronache. Meno male che ieri ha provveduto il Foglio a ragguagliare che giovedì sera, quando la Melandri era andata a parlare in un circolo sociale siciliano, appunto nella zona sud di Philadelfia, non è andata così bene come sembra dai suoi racconti sull’Unità. «Comunista», le han gridato, «torna in Italia»; perché metà degli avventori vota repubblicano e l’altra metà era democratica ma voleva Hillary e non voterà mai Obama perché è un «mulignano», una melanzana, insomma un nero. E brava la Melandri che si fa beccare ancora una volta con le dita nella marmellata! Che fa, omette? Come per la celebre festa nella villa di Briatore a Malindi, «non è vero, non c’ero», poi Dagospia pubblica le foto e «me l’ero scordato, passavo di lì per caso», finendo in gloria con la scoperta che pure lei ha una villa da quelle parti, sulla costa keniota, ma dell’Africa «mi interessano i bambini poveri». Cerca di curare l’immagine, come ogni politico. Ma ve la ricordate sul pullman degli azzurri che salutava dal finestrino con la mano e grandi sorrisi, come se i mondiali li avesse vinti lei?
Va be’, alle sortite della Melandri ci si abitua, come al doppio passaporto e al suo fluente inglese. Ma possibile che abbia scoperto soltanto adesso la militanza, i volontari della politica, i giovani idealisti, «studenti prevalentemente, ma anche madri di famiglia» che si votano alla causa e vanno a far campagna coast to coast per Obama, e «anch’io d’altra parte sono una di loro»? Qualche disincantato conoscitore della politica a stelle e strisce dovrebbe spiegarle che sì, i giovani e meno giovani impegnati a far campagna nelle presidenziali - per l’uno o per l’altro indifferentemente - non prendono un dime è vero, spendono del proprio: ma stanno investendo e sperando su Washington, ove ad ogni cambio di inquilino della Casa Bianca si liberano d’un sol colpo 40 mila posti di lavoro. Anche Monica Lewinsky era una di quei ragazzi che appuntano spillette al bavero dei passanti e sventagliano volantini. Se il candidato per cui lavori gratis vince, hai svoltato. Mal che vada, uno stage alla Casa Bianca.
Così, anche la Melandri è andata a far campagna per Obama, e non è certo colpa sua se proprio in quei giorni McCain è risalito nei sondaggi. Anzi, è ancora il Foglio ad assicurare - e Christian Rocca è giornalista e uomo d’onore - che del contributo della nostra ex ministra «il candidato democratico e nessuno del suo staff ne è venuto a conoscenza». Umile e volenterosa, l’onorevole suffragetta, un vero “angelo del ciclostile” d’antan. S’è offerta anche di scrivere dagli Usa gratis per l’Unità, pur se il quotidiano di giornalisti ne ha già due, sulla campagna americana. Vuoi offenderla con un no grazie? Il primo giorno era un po’ strano vedere tre firme in fila sullo stesso argomento, così han deciso di far partire l’illustre collaboratrice dalla prima pagina. «Tanto è per poco, presto torna a casa», si son sentiti tranquillizzare i giornalisti.


Ah, quasi dimenticavamo. Volete davvero sapere chi paga? Voi gente, pagate voi. Perché nei giorni che l’onorevole era in missione per Obama, la Camera era aperta e al lavoro. E lei non ha perso un euro di stipendio o di diaria.

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