Politica

Il ministro Pisanu: «No alla giustizia fa dai te»

E Calderoli (Lega) propone una cauzione per gli stranieri che entrano in Italia

Andrea Acquarone

da Milano

Vladimir Mnela, l’assassino albanese del barista di Besano, continua a chiedere perdono, ma resterà in carcere. Scontato, tutto sommato. Quale giudice, in questo clima arroventato dalle polemiche, dall’indignazione, ma soprattutto da un’esagerata e pericolosa voglia di giustizia sommaria, avrebbe osato ridargli la libertà? Il gip di Varese, Ottavio D’Agostino, ha fatto semplicemente ciò che tutti si attendevano: dopo un breve interrogatorio, ha convalidato l’arresto.
E dalla sua cella al Beccaria di Milano, almeno per un po’, non uscirà nemmeno l’amico e complice (suo malgrado?) dell’assasino, il diciassettenne connazionale Fatjon R.: nonostante il suo avvocato contesti gli addebiti nei confronti del sui giovanissimo cliente, il gip minorile Fabio Tucci, ha deciso di tenerlo in Istituto «in attesa di altri sviluppi e accertamenti», come spiega lo stesso difensore.
«Il gip, di cui rispetto la decisione - ha puntualizzato Pierpaolo Caso - ritiene che sussistano gravi indizi di colpevolezza riguardo alle mancanze del ragazzo o al fatto di non essere intervenuto in tempo durante le fasi dell’omicidio: una ricostruzione che contrasterò con le mie indagini difensive e nelle istanze che presenterò. Fatjon non sapeva che il suo amico adulto avesse la lama e nemmeno ha preso parte alla colluttazione».
A chi faceva notare che Mnela durante l'interrogatorio aveva sostenuto che il coltello non fosse suo ma di averlo trovato in macchina (la Toyota della mamma del minorenne), il legale ha risposto: «Mi giunge nuova. Il coltello era nella tasca di Vladimir o comunque nascosto da lui. Comunque questo argomento non è stato sfiorato dalle domande del giudice».
Intanto non si placa lo scontro politico.
Ieri il ministro degli Interni Giuseppe Pisanu è tornato sull’argomento: «Dati alla mano, insisto nel dire che l'immigrazione clandestina è un grave, crescente pericolo per la sicurezza e l'ordine pubblico nel nostro Paese e che pertanto deve essere contrastata e controllata efficacemente nel rispetto delle leggi e convenzioni internazionali». Cercando ancora di stemperare gli animi: «Nessuno può farsi giustizia da sé. Il più atroce dei delitti non può giustificare reazioni xenofobe verso gli immigrati. Continuo a sperare, comunque, che il Parlamento mi chiami a riferire dettagliatamente sull'immigrazione, anche in vista, se lo riterrà opportuno, di sue specifiche decisioni di indirizzo». Quasi un invito a rivedere la Bossi-Fini, mentre il ministro per le Riforme Roberto Calderoli, propone l'obbligo di una cauzione per ottenere il rilascio del visto per l'ingresso in Italia di ogni immigrato».
«Si è creato un clima da caccia alle streghe che non fa bene alla convivenza civile e a chi dovrebbe accogliere in un certo modo gli extracomunitari», sostiene invece Giovanni Ingrascì, procuratore del Tribunale per i minori di Milano.
«Non è possibile - sostiene - distinguere un albanese da un varesino, quando si uccide qualcuno. Non riesco a distinguerli per provenienza, razza o clandestinità: io li distinguo solo per quello che fanno. Chi commette un reato viene giudicato con serenità e a prescindere dalla provenienza».


Vallo a spiegare agli skinhead.

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