Da quando Augusto Minzolini dirige il Tg1, un giorno sì e l’altro pure qualcuno vuole la sua testa. Per accontentare tutti gli aspiranti, il decollando dovrebbe avere decine di teste di ricambio: nel frigo di casa, nello scrittorio direttoriale, in banca. Minzolini invece da quell’orecchio non ci sente e continua imperterrito a fare di testa sua il Tg che vuole lui. Si parla infatti tanto di libertà di stampa ma se uno la esercita - come fa appunto il direttore - ti saltano addosso.
Minzolini è un giornalista con trent’anni di professione sulle spalle. I giornali se lo sono conteso per la sua capacità di anticipare le notizie politiche, ricostruire i retroscena, farsi sussurrare le segrete cose dagli esponenti di destra e di sinistra. Ha scritto tutto quello che captava, senza tenersi un cece in corpo, anche se la fonte gli ingiungeva di tenere riservata la confidenza. Lo hanno soprannominato lo «squalo» per la rapacità nel raccogliere il bottino e perché non faceva sconti a chicchessia. Le sue cronache divertivano, imbestialivano altrettanto ma nessuna parte politica ha mai pensato di mettere il cappello sul suo lavoro. È bastato però l’appoggio del Cav per la poltrona del Tg1 perché da incontrollabile mina vagante, il Minzo diventasse un servo del potere. Su di lui si è di colpo riversato tutto il rancore degli antiberlusconiani intolleranti di chiunque non sia nemico giurato del Mostro di Arcore.
Dal 9 giugno 2009 - giorno in cui ha preso le redini del Tg - il già squalo Minzolini è diventato «Scondinzolini». Qualsiasi cosa faccia - o non faccia - è feccia. Gli attacchi sono personali com’è nella tradizione comunista. A inaugurare lo stile fu Palmiro Togliatti. Quando negli anni Cinquanta, due dei suoi - Aldo Cucchi e Valdo Magnani - abbandonarono disgustati il Pci per una crisi di coscienza, il Migliore disse: «Sono due pidocchi» annidati «nella criniera di un nobile cavallo». «Pidocchi» i transfughi, «nobile cavallo il partito» che stravedeva per Stalin. L’obiettivo, già allora, era annichilire l’avversario appaiandolo a qualcosa di disgustoso come le blatte, insultare la persona, travisarne le intenzioni.
Quello che manda in bestia gli antiberlusconiani è che ogni tanto Minzo fa capolino nel Tg e dice la sua sulla politica. Lo hanno fatto tutti i suoi predecessori a cominciare dal più immediato, Gianni Riotta, che era pupillo del premier Romano Prodi. Riotta ce lo siamo sorbettato tutti senza farne una malattia. Lo abbiamo lasciato parlare e se ci mandava il boccone di traverso ce ne siamo fatti una ragione. Al massimo qualche critica di Bonaiuti, Bondi o Cicchitto ma nessuno ne ha preteso la decapitazione. Per Augusto invece appena socchiude le labbra, apriti cielo.
Una settimana dopo l’insediamento, Di Pietro insoddisfatto per non so più cosa ne aveva già chiesto il licenziamento. A stretto giro, il suo sodale, Marco Travaglio, lo ribattezzò «Scondinzolini» aggiungendo: «La legge bavaglio (quella sulle intercettazioni, ndr) gli fa un baffo, lui il bavaglio ce l’ha incorporato». Il che, detto dello squalo che aveva per decenni spifferato ai quattro venti le magagne del Palazzo, era una castroneria. Ma poiché Minzo afferma anche le cose che non piacciono a Lorsignori diventa automaticamente un lacchè del governo. Il teorema è questo: o ti schizza il sangue dagli occhi contro il Cav o sei il suo reggicoda. Anzi, per dirla con Beppe Grillo: «Linda Lovelace (pornodiva di «Gola profonda», ndr) aveva il clitoride in gola, Minzolini è lui stesso un clitoride».
Sintonizzandosi più con la maggioranza dei telespettatori che con gli antiberlusca professionali, Minzolini ha esternato in favore del Lodo Alfano e contro l’ingerenza della magistratura sulla politica; ha stigmatizzato lo sciopero fasullo per la libertà di stampa quasi fossimo a Cuba; ha criticato la gestione truffaldina dei pentiti e le manovre di Spatuzza per coinvolgere il Cav nella strage di via d’Amelio; ha denunciato «il clima d’odio» dopo il lancio della statuetta sul grugno del Berlusca; la «gogna mediatica» preelettorale su Bertolaso e il tentativo di far passare per un imbroglio i lavori per il G8 all’Aquila, ecc. Tutti interventi sui quali, personalmente, avrei messo la firma. Ma siccome non piacevano a Bersani, Di Pietro, Travaglio, l’esternatore è stato crocifisso. Con Rosy Bindi che sbottava: «Sono esterrefatta. Minzolini deve smettere di spiegare agli italiani che il premier ha ragione». E perché mai se lui ne è convinto e con lui milioni di altri? È forse contrario alla libertà di stampa, alla corretta informazione, al principio di convivenza? Ovvio che no. Ma il Tg ideale per loro è quello che tratta il premier a pesci in faccia ed esalta invece l’opposizione che, di questi tempi tetri, tiene dritta la barra della democrazia minacciata. Guai poi se il Tg1 mostra Bersani contestato dai terremotati abruzzesi. «Venga Minzolini all’Aquila, vedrà cosa gli diranno e poi il commento lo faccio io», fu la reazione del capo «democratico» inviperito per la lesa maestà.
Insomma, in nome della libertà di stampa, Minzolini deve tacere. Ma ricorda nessuno Sandro Curzi, l’ex direttore comunista del Tg3, tra il 1989 e il 1993? Curzi, amico fraterno di Giorgio Napolitano, l’uomo del Pci in Rai, compariva una volta al giorno sui teleschermi per dire la sua. Era di una settarietà assoluta, faceva il controcanto al craxismo, grondava nostalgia per l’Urss. Tanto che il Tg3 fu ribattezzato Telekabul con riferimento all’occupazione sovietica dell’Afghanistan. Nessuno però chiese mai la decollazione di Curzi e tutto il dissenso si limitò alla facezia di quel Telekabul. Prova provata che i liberali si fermano all’ironia, mentre i comunisti ex e post vogliono la cotenna dell’avversario.
Per colmo di disdetta, sull’infelice Minzolini si è aperto negli ultimi tempi un nuovo fronte: quello dei finiani. Fino a qualche tempo fa, il pasdaran Italo Bocchino lo difendeva da Di Pietro & Co. E lo elogiava così: «Coraggioso e perfetto» (vedi articolo qui accanto). Ma ora che l’odio per il Cav è esploso, il Minzo è finito anche nel loro tritacarne a conferma che è bravo o pessimo in base solo all’interesse del momento. Per Fini il suo tg «sembra la fotocopia di un foglio d’ordine del Pdl». Per il ministro finiano, Andrea Ronchi, «la faziosità di Minzolini non è più tollerabile».
Molti nemici, molto onore, Minzo. Finché te la lasciano, usa la testa e non portarla all’ammasso.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.