Cultura e Spettacoli

«Il mio noir evangelico fra Tacito e Monty Python»

Intervista con il più irriverente scrittore di Spagna. Ha inventato un’esplosiva miscela a base di comicità, giallo e romanzo storico

Occisus in bibliotheca cum porta conclusa. Il più classico dei delitti accadde in Palestina nel primo secolo post Christum natum (ma non ancora morto e resuscitato). La vittima è un ricco patrizio romano. Il sospettato numero uno, già condannato alla pena capitale, è il falegname del villaggio: tutti a Nazaret lo chiamano Giuseppe. Detective, suo malgrado, è un cavaliere latino che, partito da Roma per una ricerca scientifica - per trovare la fonte di un’acqua miracolosa -, si ritrova a indagare per una causa sacrosanta: salvare dalla croce il papà del bambinello dei miracoli. È la trama di L’incredibile viaggio di Pomponio Flato (Giunti, pagg. 180, euro 12,50; traduzione Francesca Lazzarato) che il catalano Eduardo Mendoza svolge spericolatamente ai margini di una storia da due millenni raccontata perché ci si creda.
Eduardo Mendoza: che intenzioni aveva prima di imbarcarsi nell’impresa? Scrivere una parodia dei vangeli? Un falso apocrifo? Una mystery story sul più grande dei misteri?
«Niente di tutto questo. Mi sono sempre interrogato su quali siano gli autori e i testi che più hanno influenzato il mio lavoro. La verità è che ogni mio libro è figlio del precedente. Prima di mettermi in viaggio con Pomponio ero alle prese con un lungo romanzo, difficile, complicatissimo, che mi è costato molto studio, un gran lavoro di approfondimento e non mi ha lasciato per niente soddisfatto. Avevo bisogno di qualcosa di frivolo, un libro scanzonato da pensare come una burla per rinfrancare lo spirito. Prima di tornare a dedicarmi all’altro libro».
Si può sapere come si intitolava il romanzo tormentato?
«Mauricio o las elecciones primarias. Difficile che il titolo le dica qualcosa. Non è tradotto in italiano. È stato un fiasco mondiale. Pomponio, solo in Spagna ha venduto oltre 250.000 copie».
La storia sacra genera best-seller: è una buona novella, non una notizia, né un’assoluta novità...
«È una narrazione straordinaria. Io sono un assiduo lettore dell’Antico e del Nuovo Testamento. Non che sia religioso, tutt’altro. Credo che le religioni come tali vadano proibite. Mi interessano moltissimo però i testi sacri. E leggo con passione anche gli storici dell’antichità. Tito Livio, Svetonio, Tacito: sono tra i maggiori autori della nostra civiltà. Poi c’è stato il caso di Il codice Da Vinci, un fenomeno sbalorditivo. L’ho letto provando una profonda indignazione. Non solo è un pessimo libro. Ma il suo autore, ignorantissimo, non sa nemmeno di che cosa stia parlando. Si potrà bene, mi sono detto, affrontare il Vangelo alla leggera tenendo presente Plinio il Vecchio, gli apocrifi, gli storici romani e la Palestina dell’epoca. Per partire con Pomponio ho raccolto questo bagaglio».
Inseguendo le peripezie del suo eroe non si pensa a Dan Brown. Piuttosto a Brian di Nazareth dei Monty Python. Scrivendo li aveva in mente?
«Sono cresciuto coi Monty Python. Non tanto con i loro film, quanto con i programmi televisivi. Negli anni Settanta non mi perdevo una puntata del Flying Circus. Il loro humour assomiglia un po’ il mio. È un umorismo molto semplice, a tratti pecoreccio, ma per gente colta. Non dimentichiamo che i Python erano tutti accademici di Cambridge. Quattro goliardi con una gran voglia di scherzare. Lanciavano lazzi e strizzate d’occhio a chi le avrebbe colte».
E il suo lettore, che tipo è? Chiamiamolo Fabio perché è così che all’inizio di ogni capitolo Pomponio, scrivendo epistole, si rivolge a lui.
«Già, la formula retorica di Pomponio epistolografo. Per i primi tre capitoli funziona. Poi il lettore mangia la foglia e sta al gioco. Capisce che lo stile dell’orazione è una finzione letteraria, un espediente cui gli antichi ricorrevano spesso. E vede che il racconto prende la forma convenzionale del romanzo».
Il lettore di qualsiasi romanzo è chiamato a sospendere la sua incredulità. È credulo il lettore del viaggio di Pomponio? Credente? Tradizionalmente, nella cattolicissima Spagna...
«Quella Spagna non esiste più. Per reazione a un regime nazionalista e cattolico è come se da noi la religione si fosse suicidata. Posso dire senza esitare che in Europa la Spagna post Zapatero è la meno religiosa delle nazioni. Forse ormai i buddhisti e i protestanti sono più dei cattolici. Restano forti, questo sì, le gerarchie ecclesiastiche. Confesso che per un momento, pubblicando El viaje ho sperato che la Chiesa lo mettesse all’Indice. Pensa che colpo pubblicitario, mi sono detto. Invece le riviste cattoliche lo hanno recensito con entusiasmo. Lodandone il garbo e la rispettosità».
Con rispetto da galantuomo tratta le signore. Zara, la buona samaritana, l’etéra saggia e generosa è un personaggio bellissimo.
«Una figura classica. Non alludo al suo mestiere, il più vecchio del mondo. Quanto al suo ruolo di samaritana. Per gli ebrei rappresenta l’alieno, il diverso, il lontano: estraneo alla società e alla comunità dei fedeli. Al momento della verità però è la persona più prossima e buona».
Pomponio dixit: «Negli dèi certo io non credo. Ma la gente sì. Ero curioso di vedere come reagiva». Potrebbe dire lo stesso di sé?
«Sì, Pomponio Flato è davvero il mio alter ego. Filosofo, fisiologo, razionalista, sospettoso della giustizia, scettico sui miracoli, crede solo nel potere persuasivo della logica. Ma non ci assomigliamo solo da un punto di vista ideologico. Abbiamo lo stesso modo di prendere la vita. Se volessi essere serioso - e non vorrei -, le farei notare che il mio eroe vede messe in dubbio alla fine delle sue indagini tutte le proprie convinzioni. Sul più bello, quando svela il mistero e scopre le misteriose credenze della fede altrui».
Profetico col senno di poi il romanzo preannuncia la sorte di figure ultranote. Lazzaro, il ladrone Barabba, il discepolo Matteo: riconoscerli nella loro vita precedente strappa la risata. E il tribuno Apio Pulcro, chi prefigura?
«Voltagabbana, approfittatore, ruffiano, egoista, speculatore immobiliare è un tipo che, dal Satyricon di Petronio in poi, dalla Roma di Nerone in giù, si incontrerà sempre da tutte le parti. Come lui il soldato, il miles gloriosus, l’etéra, il samaritano e il buon pastore. Non è cattivo però. È la debolezza della natura umana che sempre dà spettacolo di sé sotto il sole. Niente di nuovo... ».
Spettacolo verosimile e pieno di dettagli realisti sulla sua pagina: paioli, terraglie, manciate di datteri o sesterzi. Ce lo vede sul grande schermo?
«Disgraziatamente devo dire per esperienza che i miei libri sono squisitamente letterari. Ogni tentativo di adattarli al cinema è stato un disastro. Succede che un pessimo romanzo diventi un buon film e succede anche l’opposto. Non si può mai dire. Io però, rappresentandomi visivamente le mie scene, più che alle proiezioni cinematografiche pensavo all’iconografia del presepe.

Alle dolci, tenere statuine - il bambinello, l’agnellino, i magi - che ciascuno esponeva in casa per Natale nella Spagna di tanti anni fa».

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