«Il mio nome clonato in Cina e qui nessuno mi ha difeso»

«Il mio nome clonato in Cina e qui nessuno mi ha difeso»

Ci sono case history di successo che nelle tempeste economiche risultano ancora più significative. Angelo Marani, per esempio, continua a consolidare le sue posizioni senza farsi travolgere dal pessimismo e dallo sconforto. Quello che per esempio prenderebbe chiunque scoprisse che oltre vent'anni fa un cinese ha depositato, due giorni prima di lui, il suo marchio in Cina. «Mi hanno chiesto una cifra colossale per poter riacquistare il mio nome».
Per questa ragione si è visto costretto ad annullare ordini acquisiti per 850 mila euro in attesa di trovare una soluzione per sbloccare il business con uno dei Paesi più interessanti di questo momento. «Mi sento abbandonato da parte di chi dovrebbe tutelare gli imprenditori. Fosse successa la stessa cosa a un francese, sarebbe già intervenuto il ministero del commercio con l'estero» dice sconsolato l'imprenditore che esporta l'ottanta per cento del suo fatturato, che continua a investire e che non segue le tendenze convinto com'è che chi lo fa, nella moda, arriva sempre dopo.
Parola d'ordine: lavorare con immutata passione e a guidare la Marex, struttura industriale con tre unità produttive a Correggio, in provincia di Reggio Emilia e due showroom, una a Correggio e una nel cuore di Milano. L'azienda produce le collezioni Angelo Marani, Marani Jeans, Art'è Marani e Marani.G oltre a una capsule di maglieria ultra-leggera il cui peso è inferiore a 100 grammi. La visione estetica di Marani è bilanciata tra sex appeal e moderno comfort: un mix che gli ha fatto guadagnare la fiducia delle donne contemporanee.
Non è un caso, infatti, che da oltre un decennio Angelo Marani abbia scelto di sfilare durante la settimana di Milano Moda Donna e che abbia trovato nell'arte fotografica di giganti come Steven Klein, Mario Sorrenti, Lamsweerde & Matadin, Terry Richardson, Sølve Sundsbø e Miles Aldridge, i perfetti interpreti della sua idea di bellezza. Con la sua famiglia gestisce l'impresa con l'intelligenza di chi amministra il bene più prezioso: il futuro di oltre 80 dipendenti, tra i quali molti ad altissima specializzazione. Trovare nella stessa azienda un processo produttivo che partendo dal filo e dalla tessitura porta alla tintura e alla stampa, per una questione di costi è ormai una rarità. E al tempo stesso un vanto per lo stilista di Correggio che si lascia ispirare da quadri, emozioni, giochi di luci e ombre, disegni e fusioni di segni. Un sottile erotismo che si respira in tutte le collezioni e che non sfugge a quanti seguono un percorso creativo fatto anche d'incursioni nella meccanica più sofisticata.
Quella che consente di tenere in funzione i telai da calzificio di una volta con i quali Marani realizza la sua sottilissima maglieria o le lavatrici industriali in cui fissa o toglie il colore dai tessuti. «Non sono un chimico perché ho fatto studi classici, ma sono uno sperimentatore» racconta parlando della sua cucina colori dove studia nuove tonalità facendo talvolta anche quaranta prove manuali prima di raggiungere il risultato desiderato.

«Fare il lavoro che più ti piace è uno dei grandi doni della vita» sostiene Marani che ogni giorno, però, come tanti imprenditori deve fare i conti con una tale burocrazia che tra leggi e leggine da interpretare, rende ingestibili le aziende. Per andar bene in Italia, dice a gran voce, più che fare nuove leggi, bisognerebbe cancellarne tre al giorno.

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