Ed anche quando sentono tanfo di escrementi canini,
a loro sembra un profumo orientale.
Erasmo da Rotterdam,
Moriae encomium, cap. XXXIX.
Il mio nome è Pelé, ma nulla ho a che vedere col celebrato asso del pallone. Anzi, in confidenza, il calcio mi lascia del tutto indifferente.
Quella dei ventidue bipedi implumi che corrono dietro a un oggetto rotondo e inanimato mi sembra unimitazione assai scadente della mia nobile arte di segugio.
Sono nato da qualche parte in un paesino siciliano ma, come a volte accade ai figli dellisola del sole (che possono avere antiche tracce di corna normanne, spagnole o nordeuropee), nelle mie vene scorre unalta percentuale del più puro e nobile sangue inglese: mia madre era una beagle Elisabeth. Mio padre invece, un intraprendente bastardo con prevalenza di sangue cirneco.
È lui che mi ha lasciato - il nostro dio labbia in gloria! - due orecchie a mezza costa, tra la rigidità del cirneco e la solenne rilassatezza del segugio, che decorano un corpo alto 38 cm. alla spalla, occhi nerissimi su muso puntuto, manto bianco-nero pezzato e coda allinsù.
Insomma, affrontiamo subito largomento: stando ai canoni estetici dei cosiddetti cinologi, non sono bello.
Della cosa mimporta poco, anche se vorrei che, prima di giudicarmi, questi esperti si dedicassero, se non col medesimo rigore, almeno con uno sguardo distratto, a unindagine sulle origini e la composizione delle loro famiglie.
Daccordo, non sarò un Adone, ma sono bravo. Almeno così dice il mio proprio dio. Di più, sono un fuoriclasse: sono appunto un Pelé.
Che felicità, oggi, che finalmente vado a caccia! Lontano dai deodoranti, dai disinfettanti e dagli uomini ignoranti (quando parlo di caccia divento quasi un poeta...) che non sanno apprezzare il sano puzzo di cane bagnato, che si vergognano del loro odore, dal momento che lo coprono con nauseabondi profumi.
Lontano da chi si lamenta del tuo abbaiare (come se un cane non avesse il diritto di parlare) e ti costringe a sorbirti la lagna del telegiornale a pieno volume. Questa sì che è vita! E mi piace godermele tutte le ore (ahimè sempre poche!) che il mio proprio dio decide di dedicarmi.
Oggi però Lui non è solo e neanche cè il suo vecchio compagno. La cosa non mi quadra. È venuto un buffo e grasso bipede che puzza di città.
Il mio dio gli usa particolari riguardi: prego dottore, si accomodi, vada prima Lei...
Mah... È incredibile! Neppure reagisce quando quel coso si permette di fare apprezzamenti sulla purezza della mia razza...
Adesso ha proprio passato il segno. Provarsi addirittura a tirare la punta allinsù della mia bella ed elegante coda... È troppo!
Gli digrigno i denti e il suo goffo balzo allindietro mi convince che non vale la pena di insistere. Cè un abisso fra di noi...
Via, dopotutto... limportante è cacciare...
Il grasso individuo parla sempre di soldi, di affari, credo anche di politica (anche se non ho capito bene la differenza: sono pur sempre solo un cane...), si vanta di essere un ottimo colpitore e dice di non sopportare i cani. Meglio così! Neanche il mio odiato nemico Achille gli affiderei a quello là!
Meno male che caccio da solo, oggi, ci sarebbe mancato pure Achille...
Ma lui è un bracco e va in prevalenza a beccacce e coturnici, laristocratico...
Io son cane da conigli e lepri e me ne vanto.
A proposito, che odore delizioso! Lorecchiona stanotte è passata di qui, anzi, è ancora nei paraggi. Attenti, uomini, che a questora non dorme: potrebbe partire da un momento allaltro.
Sento che sto andando in estasi, mi sembra di volare; cè come un filo invisibile che mi guida, dal profondo del mio essere si libera un mugolio di piacere. Credo che, se questi momenti durassero un secondo di più, morirei di gioia.
Per fortuna il leprone balza da sotto un pero selvatico e il mugolio esplode in una canizza serrata. Bumm!, Bumm!, Bumm! - dice il pingue e infallibile tiratore, e per poco non mi fa secco, lanimale!
Lorecchiona se ne va con uno sberleffo. «Forza Pelé!» mi urla il mio proprio dio, e lo sento imprecare a ruota libera contro lo sprovveduto ospite.
Ed io, tutto teso nellinseguimento, mentre tiro il fiato solo per emettere quei disperati latrati di rabbia e di amore che noi segugi lanciamo dietro agli inseguiti, mi sento vendicato e soddisfatto.
Fugge la lepre, fila come un direttissimo, non vede ostacoli, dimentica la sua proverbiale pigrizia di fronte al pericolo.
Ma lascia una calda e voluttuosa scia che il mio delicato naso di mezzobeagle beve avidamente.
Ecco, ha percorso questo stradello, poi è passata tra le ginestre, si è fermata... Un attimo di disorientamento: ma dovè andata?... è tornata indietro!
È furba la lepre, lamo per questo. La preferisco al coniglio, non la cambierei con la volpe.
Quanto tempo è passato? Mezzora, tre quarti, forse; la lepre sta girando attorno alla collina, si dirige verso il mio proprio dio. La mia voce lavvisa: Lui sarà pronto.
Bumm!, bumm!, bumm!, tre colpi, strano, son troppi!
Eccolo là, il ciccione, con lautomatico ancora fumante in mano e gli occhi mesti verso il basso.
Come si è sgonfiato! Fa pena... Gli ringhio un po, poi il mio proprio dio mi richiama, mi prende in braccio per evitarmi un altro inseguimento.
Ci guardiamo negli occhi e scoppiamo a ridere.
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