Roma«Nessun passo indietro. Anzi, un avanzamento dellarea di governo che ha dellincredibile, visto ciò che è successo nellultimo anno: crisi, terremoto in Abruzzo. Insomma, chiunque avrebbe messo la firma».
Ministro La Russa, il Pdl perde però due punti rispetto alle Politiche.
«Il dato viene subito pareggiato dai seggi in più ottenuti rispetto alle Europee di cinque anni fa. Ma questo raffronto non va bene: è come equiparare pere e mele».
In che senso?
«Il confronto non va fatto con le elezioni del 2008, ma con le consultazioni del 2004. E il nostro risultato è uno dei migliori nellUe».
In ogni caso, puntavate al 40%.
«Per quanto mi riguarda, ho sempre dichiarato che quello era lobiettivo massimo. Ma ci saremmo arrivati senza il forte, inaccettabile, astensionismo al Sud e nelle isole, nostre tradizionali roccheforti».
Dica la verità: «gufava» per non tagliarsi il pizzetto?
«Lavevo promesso e lavrei tagliato. Ma se dobbiamo scherzare, mi fa piacere averlo salvato... Detto questo, parliamo di unasticella minima posta dal premier che, per sua forma mentis, puntava a galvanizzare lelettorato. Con una tecnica rodata, baldanzosa, basata sullottimismo. In ogni caso, non cè alcuna controprova, perché senza la sua sfida magari avremmo preso meno».
Referendum sul Cavaliere?
«Assolutamente no. Ed è miracoloso quello che è riuscito a fare, portando il Pdl poco al di sotto delle Politiche, nonostante lattacco concentrico, calunnioso, gossiparo e giudiziario che ha subìto, senza che si sia potuto difendere nelle sedi proprie. Quindi, premier e partito escono assolutamente vincitori».
Ma a vincere è pure la Lega, per cui - lei dice - Berlusconi ha fatto pure campagna elettorale, provocando «mugugni» interni in Veneto.
«Si è speso molto e non ha esitato, da premier più che da leader del Pdl, a parlare di azione comune di governo. Non a caso, nel comizio finale era sul palco con Bossi. Incredibile, per lopposizione».
Incredibile?
«Ma sì, se Franceschini e Di Pietro si dovessero incontrare per caso in aeroporto, o alla stazione, non si saluterebbero. E poi, il segretario del Pd, che ha seminato vento ma raccolto tempesta, è stato masochista».
Masochista?
«Sì, politicamente, sintende, vista la sua felicità per il risultato».
Torniamo al Carroccio. Davvero non vi preoccupa la sua crescita?
«No, semmai ci fa piacere, perché conferma la bontà del nostro esecutivo. E probabilmente è dovuta alla minore astensione al Nord e allaumento ottenuto nelle regioni dove non era presente o poco rappresentato. Ma voglio essere sincero».
Faccia pure.
«Sarebbe stato un problema se ci avesse scavalcato. Ma niente sorpasso: il Pdl è avanti in tutte le circoscrizioni, così come in Veneto».
Nulla da rimproverarvi?
«Abbiamo fatto il massimo e si deve portare avanti una maggiore presenza nel territorio. Certo, la macchina organizzativa va migliorata, ma è ovvio: il Pdl ha poco più di due mesi di vita. È stato un primo banco di prova e in futuro dovremo utilizzare tutte le nostre potenzialità».
È mancato il sostegno diretto di Gianfranco Fini?
«Guardi, i candidati che provenivano da An sono andati fortissimo. Ma cosa avrebbe dovuto fare di più Fini? Mi sbaglio o si è detto, polemizzando, che non doveva intervenire? Mettiamoci daccordo. È il presidente della Camera e ha fatto ciò che tutti ci aspettavamo».
Nessun «disturbo» da «FareFuturo»?
«Secondo me, la sua influenza, in più o in meno, è di cento voti».
Nel Lazio, sempre in tema di ex aennini, linvito interno è stato: no Berlusconi, votate una nostra «terna».
«Io ho fatto ambo: ho detto di votare Berlusconi, poi il sottoscritto, terzo nome a scelta. Nel Lazio, è vero, cera una maggiore competizione. E non escludo che sia avvenuto. Ma lo stesso discorso vale anche per gli ex di Forza Italia».
Chiudiamo con il caso Sicilia.
«Il risultato è stato grave.
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