La misoginia dei poteri forti che piace tanto alla sinistra

Stiamo per entrare nel favoloso mondo del radical-chic: sussurri noiosi e luci attenuate. Quel territorio di moralismo, buonismo e loden che la Kultura - per la verità con grida sguaiate - ha aspirato per anni divenisse l’immagine dell’Italia. Un paese noto universalmente, invece, per l’allegria, l’accoglienza, la cordialità. La grande capacità di esistere degli uomini e delle donne. Ci troveremo, malgrado tutto ciò, ancora una volta, grazie alla Ue colonizzatrice e ai rancorosi antigovernativi, con le istituzioni manovrate da uomini «filiformi» (secondo Concita è all’evidenza un merito e un sintomo di efficienza governativa) per lo più, e tra l’altro, indifferenti al valore delle donne. Che, a loro volta, già dimostrano di non essere per nulla interessate ai luoghi di potere e di prestigio, purché questi siano occupati da uomini sobri, borghesi e un po’ depressi. Uomini ai quali essere azzerbinate e delegare la vita propria e quella della nazione, in quanto seri e impegnati. Forse perché magri e ombrosi. E soprattutto sottotono. Tono del quale l’unità di misura naturalmente è Berlusconi, tozzo, in carne e per nulla depresso. Malgrado abbia subito, negli anni dell’ultimo governo, alluvioni, terremoti, persecuzioni giudiziarie, insulti mediatici e continue programmate e programmatiche violazioni della sua privacy. Qualsiasi «filiforme» personaggio di potere, al suo posto, si sarebbe accasciato; e invece lui ha avuto persino la forza di gestire il golpe politico- finanziario ponendo, ai suoi sottili e integerrimi interlocutori, condizioni giustamente dure a garanzia dei cittadini elettori. Trascurati del tutto dagli illuminati e colti salvatori della patria.
Una prova, quella del Cavaliere, nonostante i suoi variegati eccessi, di onorare quella democrazia, invece, messa gravemente al muro della «elezione» non popolare di un uomo sobrio, da parte di un altro uomo altrettanto sobrio. Una decisione, insomma, tra uomini. Con lo stile e secondo un modo di fare che piace alle famiglie borghesi, abbottonate, tradizionaliste, rituali nel gestirsi tra la messa e il pranzo di Natale, il politicamente corretto e le vacanze a Capalbio. E naturalmente il voto a sinistra, perché la destra è volgare. Come è volgare mostrare attenzione, se non nuziale, alle donne. Motivo per cui, una volta sposate, le stesse donne che ambiscono alla protezione e alla stima degli uomini severi e un po’ algidi, preferiscono abbandonare tutti gli elementi che potrebbero esaltare la loro femminilità, per essere meglio apprezzate per presunti meriti. Che raramente, tuttavia, vengono riconosciuti. Anzi, sono trascurati proprio come lo sono gli elettori. Così potendo creare - loro stesse, le donne affascinate dalla sobria vaghezza - l’equivoco diabolico per cui, se non sei di destra e non sei opportunamente apparecchiata, non fai carriera. E anzi, se fai carriera con un capo di governo di destra, la fai senza alcun merito. Quantomeno dicibile. Ma se la fai con un capo, anche non di governo, un po’ di sinistra, sei veramente superiore e meritevole.
Ma dove sono queste carriere a sinistra? Come mai ci sono così pochi meriti dichiarati e apprezzati? Forse i compunti, sobri e filiformi, uomini affidabili, sono un po’ maschilisti, oltre che disinteressati.

Ben sapendolo, le donne loro fan, in prima linea le giornaliste, in un attimo - al grido viva Monti - hanno cancellato le aspirazioni ultraquarantennali di pari opportunità, le energie addolorate del «se non ora quando» e hanno fatto un leggiadro passo indietro quasi simile alle antiche reverenze. Hanno, in pratica, messo le mani avanti per non dover criticare il prossimo difetto di chiamata delle donne nelle stanza dei bottoni.

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