Il mistero di Amanda, se Maigret indaga a Perugia

«Strangozzi, capo».
«Che cosa?».
«Stran-goz-zi. Al tartufo».
«Il tartufo d’estate?».
«Ha ragione capo... Veramente sarebbe “scorzone estivo”, ma qui sul menu c’è scritto ancora “tartufo”...».
«Allora perché non lo cambiano, questo benedetto menu?».
Seduti, unici clienti, a un tavolino della trattoria di Marsciano, Maigret e Lucas, nonostante il caldo soffocante, sfogavano cenando la tensione accumulata in quei giorni. Giorni? Mesi, piuttosto. La povera Meredith era stata uccisa nella notte fra l’1 e il 2 novembre dell’anno prima e l’inchiesta, da allora, aveva fatto pochi passi avanti. Certo, i tre sospettati, Amanda, Raffaele e Rudy, erano ancora in carcere, in «custodia cautelare». Ma la Verità dov’era?
«Non in un piatto di strangozzi allo scorzone estivo», pensò Maigret alzandosi di scatto e andando a spalancare la finestra dell’angusta saletta. Un refolo di vento gli procurò un leggero brivido fresco, appiccicandogli la camicia madida di sudore alla schiena. No, l’Italia tante volte sognata, nei pomeriggi uggiosi al Quai des Orfèvres, non era quella. Guardò fuori. La caligine stava lentamente stemperandosi nella notte.
«Lucas... ».
«Sì capo. Ordiniamo il secondo?».
«Niente secondo per me, questa sera. Piuttosto, chiama Janvier. Dovrebbe essere in ufficio, a Perugia».
«Ma capo, a quest’ora?».
«Sì, a quest’ora, a quest’ora».
«Bene. E che cosa gli dico?».
«Digli che domani mi aspetti alle 8 al solito bar. Dobbiamo vedere una persona... ».
«Subito. Però, capo, mi scusi se glielo dico... potrebbe prenderselo anche lei un cellulare. Non è complicato. Guardi... ».
Un’occhiata del commissario bastò a zittire il buon Lucas.
*** *** ***
«Strangozzi al tartufo, cioè allo scorzone estivo» pensò Maigret sorseggiando un cappuccino.
Il cappuccino gli piaceva, anche d’estate. Quel sapore dolceamaro gli ricordava di quand’era bambino e faceva colazione con la mamma: il momento più bello della giornata, perché poi si doveva filare in fretta a scuola e...
«Le cose spesso si chiamano con il nome sbagliato. Anche se sono le cose giuste, le chiamiamo con il nome sbagliato. A volte non lo facciamo di proposito, però lo facciamo. E sbagliamo... ».
«Eccomi capo». Janvier aveva fatto irruzione nel bar, il loro solito bar. «Possiamo andare. Quella persona ci aspetta in via Pettoritto».
«Pin-tu-ric-chio Janvier, via Pinturicchio. Era un grande pittore. Muoviti. E smettila di parlare con la sigaretta in bocca! Quante volte devo dirtelo?».
*** *** ***
Era stato dieci giorni prima. Dieci giorni, quasi un’eternità, ormai. Un bel temporale aveva per qualche ora rinfrescato l’aria, e il commissario passeggiava con la signora Maigret per le stradine semideserte della città vecchia. Avevano incrociato due ragazzi che camminavano piano, mano nella mano, discutendo animatamente, anche se a voce non troppo alta. Ma alta quanto bastava perché le loro parole si comprendessero perfettamente anche a dieci, venti metri di distanza.
Lui: «... perché allora sarebbe un bel casino... ».
Lei: «Ma capisci che non ce la faccio più a tenermi dentro ’sta cosa? Lo capisci o no?».
Lui: «Ma se tu salti fuori adesso con questa cosa, dopo otto mesi... che senso ha?».
Lei: «Insomma... io la cosa l’ho scritta. E domani la spedisco».
Maigret e signora si erano scambiati uno sguardo d’intesa. Anche loro, tanti anni prima camminavano così, mano nella mano, per le strade di Parigi, parlando dei loro progetti, dei loro problemi...
*** *** ***
Maigret si sarebbe mangiato la pipa quando, tre giorni dopo quel salubre temporale e quella passeggiata nella città vecchia, ebbe letto il foglio che Lucas gli mostrava, tenendolo con una pinzetta, come gli avevano raccomandato quelli della scientifica: «Capo, un’ora fa è arrivata questa... ».
Il testo, scritto a mano, in stampatello, era molto breve. E incomprensibile. Sembrava una poesia. O una presa in giro.

«DOLCETTO

O SCHERZETTO?
NEL CODICE FISCALE
IL NUMERO PERFETTO.

SIGNORE E SIGNORI,
GAMBE E COLORI»

«SE DI MEREDITH
NON SAI
INGEGNARTI

TU DOVRAI»

Si sarebbe proprio mangiato la pipa, il commissario, perché collegò immediatamente quel messaggio anonimo, arrogante come tutti i messaggi anonimi, alla lettera di cui parlava quella ragazza discutendo con il suo fidanzato. Qualcuno si prendeva gioco della polizia, otto mesi dopo l’omicidio di Mary? Oppure qualcuno sapeva qualcosa sul delitto, ma non aveva il coraggio di dirlo chiaramente e si nascondeva dietro una specie di indovinello?
E quella ragazza? No, anche se gli avessero messo sotto il naso le fotografie di tutte le ragazze residenti a Perugia (e poi, non poteva essere una di passaggio?) il commissario non sarebbe stato in grado di identificarla.
*** *** ***
Non fu una bella settimana, quella che Maigret trascorse dopo la lettura del messaggio anonimo. Non lo fu per vari motivi.
Anzitutto il caldo. L’opprimente cappa che gravava su Perugia e dintorni fiaccava il corpo e l’umore del commissario. Come avrebbe voluto essere altrove! Magari lassù nella fresca e burrosa Olanda, dove tanto tempo prima aveva indagato. O a Bergerac, dove pure, ricordava, se l’era vista brutta quando un folle gli aveva sparato scambiandolo per chissà chi. O magari, semplicemente, nei giardinetti dove la signora Maigret per un certo periodo vedeva tutti i giorni un tale che stava per farlo ingelosire... prima d’essere ammazzato con una pallottola al cuore. Ma i papaveri del ministero avevano deciso che doveva essere proprio lui, il famoso commissario Maigret, gloria della polizia francese, a collaborare con i colleghi italiani. Potenza dell’Europa unita...
Inoltre, la signora Maigret aveva raggiunto sua cugina Germaine, rimasta vedova da poco, a Roma, e sarebbe stata da lei per una ventina di giorni.
E poi, c’era quel maledetto enigma. Un enigma che obbligò il commissario a fare ciò che mai nella sua carriera aveva fatto: compiere un’indagine a tavolino. Niente visite a testimoni o sospettati. Niente colloqui con le portinaie. Niente riunioni con i fidi collaboratori in qualche bistrot (perché a Perugia di bistrot non ce n’erano, soltanto bar normali o pub affollati di studenti fuori sede dov’è impossibile parlare in pace, per colpa del rumore che loro chiamano musica).
Fu così che Maigret smise i panni di Maigret e indossò quelli dell’enigmista. Lasciò a Lucas e Janvier, e questo era l’unico lato positivo della faccenda, il compito di tenere i contatti con la polizia e la magistratura italiane. E, dopo una settimana immerso nel rompicapo, giunse a quella che gli sembrava una soluzione.
*** *** ***
Meredith fu uccisa nella notte fra l’1 e il 2 novembre. Cioè nella notte successiva a quella di Halloween. Naturalmente Maigret della notte di Halloween non sapeva nulla. Fu una signora svedese interessata più a Janvier che alla storia dell’arte medievale a spiegargli che in America, fra il 31 ottobre e l’1 novembre, i bambini se ne vanno in giro suonando ai campanelli dei vicini e chiedendo a chi apre: «Dolcetto o scherzetto?».
«E se non gli regali qualche caramella o qualche torta, loro ti fanno uno scherzetto», aveva detto Ingrid appoggiando la birra media sul tavolo.
«Tutto qui?», aveva chiesto il commissario.
«Be’ non proprio. Ormai la notte di Halloween è anche una specie di rave party».
«Rev cosa?».
«Commissario», era intervenuto Janvier, con la sigaretta d’ordinanza fra le labbra, «diciamo pure che in qualche caso diventa una specie di orgia... ».
«Un’orgia con i bambini? Ma sono impazziti questi americani?».
«No, non con i bambini. Diciamo che i ragazzi... insomma, ne approfittano per lasciarsi andare, ecco».
Fra l’altro, ricordò il commissario, le ultime fotografie di Meredith viva erano proprio quelle scattate alla studentessa inglese circa ventiquattr’ore prima dell’omicidio, durante la festa di Halloween cui aveva partecipato con un gruppo di amici.
Ora, che cosa c’entrava la notte di Halloween con il «codice fiscale» che conterrebbe «il numero perfetto»?
Nel codice fiscale, come si sa, non figurano le vocali. Jules Maigret, per esempio, diventa JLSMGRT. E Halloween diventa HLLWN. Una parola senza senso. Una parola senza senso di cinque lettere. Ecco: cinque lettere. Cinque poteva essere il «numero perfetto»!
Ma «Signore e signori / gambe e colori»? Che cosa si nascondeva dietro quei due... chiamiamoli versi?
Maigret, fra una limonata ghiacciata e un litigio con il ventilatore che funzionava a singhiozzo, fra una telefonata a Roma e un caffè shakerato, chiuso in ufficio con Lucas a portata di voce nella stanza accanto, si ruppe la testa soprattutto su questo punto. Ma alla fine giunse a una conclusione che gli parve azzeccata: quei due versi non erano altro che una proporzione, sul tipo di quelle aritmetiche. Tipo “due sta quattro come quattro sta a otto”. E cioè: le «signore» stanno ai «signori» come le «gambe» stanno ai «colori».
E allora? In «HLLWN» dove sono le «signore» e dove sono i «signori»? E, quindi, dove sono le «gambe» e dove i «colori»?
Le gambe, ragionò Maigret, di solito sono due, più o meno uguali. Ecco: «LL» sono le «gambe»! Dunque anche le «signore». “Siamo in Italia”, pensò, “e, anche se Perugia è piuttosto lontana da Napoli, l’Italia è il Paese della Smorfia, dell’interpretazione della Cabala. Nella Smorfia le gambe delle donne corrispondono al numero 77. E 77 è un LL capovolto!”. Due volte Elle. Elle: «Lei» in francese. Dunque l’autore o l’autrice del messaggio si rivolgeva proprio a lui, al commissario Maigret...
E i «signori», in che modo corrispondono ai «colori»? Saranno vicini, come vicine sono le «gambe» e le «signore»? Forse sì. Quindi non potranno essere che «W» ed «N». Ma che cosa significavano quelle due lettere?
Ormai Maigret aveva capito che quel rompicapo non era una semplice presa in giro. Era chiaro che qualcuno sapeva qualcosa. E lo dichiarava, anche se in modo decisamente contorto. Era dunque necessario dar significato alle parole (e alle semplici lettere... ) osservando le cose un po’ più da lontano, facendo attenzione al contesto. E che cosa dice il contesto di Perugia? Dice che la città è piena di studenti universitari provenienti da ogni Paese del mondo. Studenti di tutte le razze e di tutti i colori. Colori? Colori, certo. E quale lingua parlano, tutti quegli studenti, per capirsi? È ovvio, l’inglese. E che cosa possono significare «W» e «N» se parliamo, in inglese, di colori? Ovvio: «white» e «nigger», «bianco» e «negro».
*** *** ***
«Non fa una piega, capo», disse Lucas.
«In teoria. In pratica ci manca quel maledetto “H”», rispose Maigret mettendosi sulla fronte un fazzoletto bagnato e facendo cenno alla cameriera di portare un altro mezzo litro di vino bianco. «Le due “L” sono Meredith e Amanda. “W” è Raffaele, il bianco. “N” è Rudy, il negro... ».
«Nero, capo. Se dice negro può passare dei guai», sogghignò Janvier.
«Dico negro perché la “B” di black non farebbe quadrare il tutto. Soddisfatto?», sbottò il commissario.
«Se troviamo mister “H”, cioè mister Him, “Lui”, mi sa che siamo a cavallo. Sarebbe il quinto uomo, che poi sarebbe il terzo», sospirò Lucas appoggiando la schiena alla spalliera della sedia di vimini.
*** *** ***
Dieci giorni dopo il primo e per allora ultimo temporale estivo che aveva dato un po’ di sollievo a Perugia e dintorni, e sette giorni dopo l’entrata in scena del messaggio anonimo, alle ore 8.18 di venerdì 27 giugno 2008, il commissario Maigret e Janvier incontrarono il misterioso signor «H», il signor «Lui», in via Pinturicchio.
Ma non era un «lui». Quella che passeggiava con un ombrello rosso in mano, come da accordi telefonici, era una vecchietta grassottella e con gli occhiali dalla montatura nera. Appena vide i due uomini avvicinarlesi, infilò la mano destra nella borsetta.


Janvier, fulmineo, fece per estrarre la pistola.
«Oh! No, no, no, mister... Just a moment, please... ».
E consegnò ai due un biglietto da visita.
C’era scritto: «Miss Marple, detective».
Daniele Abbiati

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