Il mito americano negli scatti di Frank

La gente, la sua vita, la storia. C'è questo, in sintesi, negli scatti che compongono l'antologica dedicata a Robert Frank inaugurata ieri a Palazzo Reale. Una retrospettiva che raccoglie ottanta opere del fotografo svizzero provenienti dal Fotomuseum Winterthur e dal Fotostiftung Schweiz di Zurigo e cade nel cinquantesimo anniversario della pubblicazione del suo libro «Gli Americani» da parte dell’editore Delpire, riassunto per immagini di quell'epico viaggio in cui attraversò gli Stati Uniti alla ricerca della Beat Generation che nel 1958 sconvolse le regole del linguaggio fotografico. Quel volume, insieme alla collaborazione professionale con Jack Kerouac, gli regalò la fama che lui aveva ricercato trasferendosi dall’Europa nel Nuovo mondo. A quel lavoro, che finì per sfatare il mito del sogno americano, è dedicata un'ampia sezione della mostra. Il resto è un'indagine disincantata e ironica sulle contraddizioni e i mutamenti del Novecento e sui suoi personali dolori. Lo stile di Frank influenzò generazioni di autori dopo di lui: i processi di vita della gente si traducevano in figure sfuocate, forti contrasti, prospettive enfatiche, tagli sghembi, nella costante ricerca della verità. Una documentazione sociale, la sua, che fu anche sperimentazione formale talmente all’avanguardia per quei tempi da stravolgere ogni regola estetica. Guardò con gli occhi delle persone comuni la scomparsa di Marilyn Monroe, gli impiegati londinesi, i contadini peruviani, un distributore di benzina desolato, una strada sotto la pioggia. La sezione autobiografica è toccante.

Ci parla dei suoi amori e dei due figli perduti scrivendo sopra le stampe, accentuando le emozioni attraverso pochi, scarni enigmi.
«Robert Frank. Lo straniero americano», fino al 18 gennaio a Palazzo Reale. Orari: 9.30-19.30; giovedì fino alle 22.30; lunedì 14.30-19.30. Per informazioni: tel. 02-54917.

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