Il mito Forrest Gump? Arriva dall’America ma la sua voce è ligure

nostro inviato a Cefalù

Era figlia di un tenore e di un mezzosoprano, parlava cinque lingue, la voce era la sua anima, la parola la sua preghiera. Ballava. Ballava così bene che a Boston nel primo dopoguerra non si parlava che di lei, la fiorentina dagli occhi verdi, della sorella Berta e del loro spettacolo di danza «il più grande avvenimento della società bostoniana da quando Jack Gardner fumò una sigaretta in pubblico e costruì la Fenway Court» scrivevano i giornali dell’epoca. Francesca Braggiotti, classe 1902, strappò il cinema dal muto con una sola frase, introvabile e immortale «Dammi una sigaretta...», la prima battuta doppiata del cinema: il volto era quello di Greta Garbo, il film Mata Hari, ballerina, poliglotta e bellissima come lei. È lì, settant’anni giusti fa, nasceva un’arte tutta italiana, la miglior scuola di doppiaggio del mondo che al cinema ha dato voce, respiri, carattere, colore. E prima ancora della tv una lingua sola a un popolo che parlava solo il dialetto.
L’unità d’Italia l’hanno fatta anche le voci che hanno tolto i sottotitoli ai film per tradurne le emozioni e diventare fenomeno di costume. Sconosciuti famosissimi come Rosetta Calavetta, che veniva da Palermo, recitava in guanti bianchi e ripuliva le cuffie con l’alcool che teneva in borsetta, è lei che ha dato a Marilyn Monroe, alla Zucchero Kandisky di A qualcuno piace caldo quel timbro luminoso, candido e svanito che avete ancora nelle orecchie; o il milanese Antonio Colonnello, che a Fonzie, prima di diventare il Jr di Dallas, regalò il «wow» che è il suo marchio di fabbrica ma che non esiste nell’originale; o come Carletto Romano, livornese, tre voci che potete sentire anche senza ascoltarle, concentrandovi un po’: Alfred Hitchock, Fernandel e Jerry Lewis. E poi Tonino Accolla, siracusano che ha inventato la risata di Eddy Murphy, o Francesco Pannofino, ligure, che ha creato il linguaggio stralunato di Forrest Gump. Famosi quasi sempre di rimbalzo come il napoletano Francesco Pezzulli, il Di Caprio di Titanic: il giorno della sua laurea in Scienze della Comunicazione centinaia di ragazzine affollarono l’aula magna della Sapienza per ascoltare la voce del romantico Jack Dawson dare la tesi.
Il doppiaggio è un’eccellenza italiana come la moda, la cucina, la lirica: ieri sera Cefalù, la sua Arena Dafne, e l’Endas, Ente Nazionale Democratico di Azione Sociale del presidente Piero Benedetti, l’hanno celebrato consegnando il Leggio d’Oro, un Oscar per i doppiatori, ai più bravi dell’anno: Fabio Boccanera, il Johnny Depp di Pirati dei Caraibi, e Perla Liberatori, alter ego di Scarlett Johansson, sono i migliori interpreti, Francesco Venditti, figlio di Antonello e di Simona Izzo, e Valentina Mari, l’Audrey Tatou del favoloso mondo di Amelie, le voci migliori.

Tra i quattordici premiati c’erano anche Adalberto Maria Merli, il Malcolm McDowell di Arancia Meccanica, e Topo Gigio, cioè Peppino Mazzullo e il presidente della giuria è Lorenzo Beccati, scrittore, autore di Striscia la Notizia e voce del Gabibbo. Si poteva seguire la serata anche ad occhi chiusi come ad un concerto. Del resto, come diceva Nietzsche, la voce dell’uomo è l’apologia della musica.

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