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Il mito Di Pietro comincia a scricchiolare

Il dossier sull'ex magistrato. La misteriosa attività di spionaggio alle Seychelles, gli strani rapporti con i Servizi, le indagini bollate come "irrituali" da una sentenza. E dopo le foto, spuntano lettere alla moglie di Contrada. Che diceva di non conoscere

Il mito Di Pietro comincia a scricchiolare

«Indagini irrituali» di un «allora sostituto procuratore della Repubblica». Così si esprimeva uno dei tanti giudici che hanno avuto a che fare col processo sul Banco Ambrosiano a proposito delle misteriosissime investigazioni di Tonino (all’epoca pm a Bergamo) alle Seychelles sulle tracce del faccendiere Francesco Pazienza. Fra gli atti del processo di appello dell’Ambrosiano finì, infatti, una sorta di rapporto che l’allora sostituto procuratore bergamasco in trasferta, Di Pietro, avrebbe confezionato su Pazienza al termine di lunghi pedinamenti, appostamenti, ricerche porta a porta nei peggiori locali della capitale Vittoria dove, per l’appunto, Pazienza si nascondeva. Il rapporto - scrive Filippo Facci nel suo libro «Di Pietro, la storia vera» - lo si era utilizzato per sostenere che il faccendiere se la spassasse ai tropici con i soldi del Banco. Stando a quanto riportato nel ’99 direttamente dal faccendiere nel suo si libro, «Il Disubbidiente» (mai smentito o querelato da Tonino), fingendosi turista l’ex pm avrebbe braccato la preda (Pazienza, ndr) in compagnia di una donna rimasta misteriosa. Su mandato non si capisce bene di chi avrebbe chiesto in giro, «interrogato» segretamente il vescovo locale, relazionato ogni sera direttamente in Italia (i telefoni dell’hotel dove alloggiava - dice Pazienza - vennero messi sotto ascolto dagli 007 locali). Di queste «attività di ricerca» a dir poco inusuali per un pm-detective si trovano ampie tracce fra le carte di primo e secondo grado del procedimento sull’Ambrosiano. E nei motivi del ricorso in appello, riportati alla lettera da Pazienza - si fa presente come «il Pazienza si era rifugiato ospite sopportato, ma non gradito, della famiglia dello Scià alle Seychelles». Non era granché gradito anche perché le autorità italiane s’erano messe d’impegno a dargli la caccia in ogni angolo del mondo. «Bettino Craxi - racconta il faccendiere - a un certo punto mi scatenò contro l’ammiraglio Martini (ex direttore del Sismi, ndr) e per questo, fra me e lui non è mai corso buon sangue». Inquisito per l’Ambrosiano, inseguito da sei mandati di cattura internazionali, a Pazienza dava la caccia oltre al Sismi anche il Sisde, che fallì miseramente il blitz con un aereo dell’Eni. E soprattutto aveva contro il giudice Sica che indagava sul «Supersismi». Come andarono le indagini del turista orobico, potete leggerlo sotto. Stando sempre al documentato racconto di Pazienza, che poi troverà riscontri anche nelle parole dell’ammiraglio Martini, per capire chi ci fosse dietro quel «turista» decise di organizzare una trappola. «Feci arrivare a Di Pietro la notizia che io sarei sbarcato all’aeroporto di Lugano il 13 dicembre del 1984. Contestualmente avvertii anche gli svizzeri così che potessero fermare gli italiani mandati ad arrestarmi». Se fossero stati poliziotti - scrive invece Facci - significava che Tonino agiva per canali istituzionali, se fossero stati agenti del Sismi, no». Erano del Sismi. «La cosa buffa - rivela Pazienza al Giornale - è che anni dopo, attraverso Maurizio Raggio, Craxi mi fa avere una copia di quel rapporto di Di Pietro, quello delle Seychelles, che ritroviamo fra gli atti dell’Ambrosiano. Era per farmi capire chi era davvero Di Pietro». Lo stesso dossier di cui nel ’97 parlò l’ex difensore del faccendiere, Giuseppe De Gori: «È chiaro che qualcuno a Di Pietro ce l’ha mandato, a che titolo sennò poteva stendere un rapporto per Sica. Se era pm a Bergamo non poteva né indagare né stendere rapporti. Di Pietro ha detto che l’aveva spedito alla Procura di Bergamo e non era vero.

Io so solo, ed è strano, che quel rapporto finì non si sa come nelle carte dell’Ambrosiano».

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