La moda che deve passare di moda

di Daniela Fedi«Sono venuta per dividere gli uomini dai ragazzi» diceva Mae West, maestra di stile e di quei cattivi pensieri che nella maggior parte dei casi rendono la vita divertente e a volte fanno anche nascere i bambini. Consegnata al mito dalle sue curve procaci e da battute fulminanti tipo «sei solo contento di rivedermi o hai una pistola lì?», l'attrice americana oggi farebbe una gran fatica a orientarsi. Infatti gli uomini come li intendeva lei sembrano in via d'estinzione come l'orso panda, mentre con i ragazzi non si sa bene cosa fare perché alcuni sembrano dei veri femminielli, altri continuano a mantenere un aspetto maschile ma non si sa ancora per quanto visto quel che sta succedendo nel mondo della moda. Sull'altare della cosiddetta «gender fluidity» che andrebbe per la maggiore tra i giovani, ha preso piede lo stile «genderless». In poche parole molti si sentono a volte maschio e a volte femmina, per cui a questa fluidità di genere corrisponde una moda senza una precisa identità sessuale, in grado di mischiare generi e cose. Per altro dalla parte delle bambine si è sempre fatto. Marlene Dietrich, contemporanea di Mae West, vestiva spesso panni maschili come per altro faceva Josephine Baker in alternativa al celebre gonnellino di banane. La ballerina mulatta che negli anni Trenta del secolo scorso faceva impazzire Parigi, fu tra le prime ad adottare quel taglio di capelli detto alla maschietta perché si fermava subito sotto alla nuca. Poi arrivò Yves Saint Laurent con i suoi incredibili smoking da donna e dagli anni Settanta in poi lo stile androgino sale e scende di continuo nel listino delle tendenza. La vera novità sta in una sorta di travestitismo maschile mai visto prima tranne in alcuni casi estremi. Uno dei più famosi è quello di Quentin Crisp, attore britannico cui Sting ha dedicato il celebre brano Englishman in New York, nella vita come in scena indossava abiti talmente femminili che anni fa John Galliano s'ispirò al suo guardaroba per creare la più sexy delle sue collezioni donna per Dior. Da qui al fenomeno delle drag queen il passo è breve, ma quel che sta succedendo adesso è un'altra storia, molto più complessa. I maschi o sedicenti tali si vestono con camicie piene di fiocchi, nastri e jabot: una roba che fa rivoltare la povera Mae West nella tomba per via di un'altra delle sue frasi immortali «un bucato senza una camicia maschile è un bucato triste». Le scelte cromatiche spaziano dal rosa cipria al giallo canarino senza per altro dimenticare quell'azzurro pastello tipico del nastro da mettere sulla porta quando nasce un maschietto. Allo sdoganamento dei gioielli da uomo è seguita una profusione di monili che se la sogna Wallis Simpson. Le calze non le porta più nessuno e meno male altrimenti vedremmo autoreggenti, modelli a rete oppure con la riga anche sulle gambe di qualche lui e a questo punto sarebbe il caso di non limitare la ceretta ai peli sul petto che fa sicuramente male, ma non quanto lo strappo nell'incavo del ginocchio per non parlare della brasiliana.

Quanto ai cappelli finora con la veletta abbiamo visto solo Bryanboy, un blogger famosissimo e simpaticissimo ma che però sta alla virilità come i cavoli stanno alle merende. Forse il problema è tutto qui: definire i nuovi contorni di femminile e virile. Ebbene un vestito non basta ma da qualche parte bisogna pur cominciare.

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