Ma il modello Germania raccoglie pochi consensi

Il ministro Chiti chiede «convergenze più ampie possibili» Bruno (Fi): stiamo ancora aspettando la sua proposta

da Roma

Sulla necessità prioritaria di una «modificazione del sistema elettorale vigente» durante la due-giorni di consultazioni al Quirinale, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha registrato «un giudizio largamente convergente benché non unanime». Lo ha spiegato lui stesso, motivando la scelta di rinviare il governo Prodi alle Camere e aprendo alle dichiarazioni di disponibilità del centrosinistra. Con qualche paradosso, se il vicepresidente della Camera Pierluigi Castagnetti si azzarda a dire che Marco Follini «può essere il ponte tra maggioranza e opposizione per una nuova legge che eviti l’ingovernabilità».
Battute a parte, di certo c’è che l’Unione non lascia cadere l’appello del Colle, anche perché la prospettiva di un confronto bipartisan sulle riforme è l’unica speranza concreta della maggioranza di reggere alle insidie dei difficili passaggi parlamentari che l’aspettano dall’Afghanistan in poi (dando per acquisita la fiducia al Senato la prossima settimana). Così, è il ministro degli Esteri Massimo D’Alema a dire senza incertezze che la crisi «ha dimostrato che è necessario non solo governare il Paese ma anche cambiare le regole e la legge elettorale come vogliono gli italiani». Che per D’Alema sarebbe il modello tedesco. Anche Walter Veltroni è convinto che bisogna «aprire urgentemente il tema della riforma elettorale», come pure il ministro Giovanna Melandri. Sul nuovo sistema elettorale - spiega il titolare delle Riforme Vannino Chiti che non a caso ha deciso di accelerare i tempi e inviare un documento ai gruppi parlamentari entro la prima settimana di marzo - devono «concorrere governo, maggioranza e opposizione». Insomma, serve «una convergenza che sia la più ampia possibile». D’accordo pure il presidente degli Affari costituzionali del Senato Enzo Bianco.
Dall’opposizione, però, arrivano per il momento pochi segnali. E al fiume di dichiarazioni (soprattutto dei Ds), rispondono solo in due: l’azzurro Donato Bruno («stiamo ancora aspettando il documento di Chiti») e il capogruppo di An alla Camera Ignazio La Russa («tocca a Chiti fare la proposta, per quanto mi riguarda si può andare a votare anche con l’attuale legge elettorale»). Mentre il costituzionalista Stefano Ceccanti fa sapere che «se si vuole il bipolarismo non va bene il modello tedesco, ma serve quello spagnolo».

Con il primo, spiega, «succede che se c’è un terzo partito, quello, subito dopo le elezioni si vende al migliore offerente e determina il governo». «Da questa crisi di sistema - è invece la convinzione di Mario Segni - si esce solo con il referendum elettorale».

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