Modifiche al Piano? Il meglio è nemico del bene

(...) e potrebbero perciò essere accolti senza dibattito dalla Giunta. Per il resto, siamo alle prese con un mix di proposte di diverse matrici: in parte ostruzionistiche, in parte dettate dagli orientamenti personali dei singoli Consiglieri, in parte ideologiche, in parte ispirate dalle lobby interessate a partecipare allo sviluppo di Milano, in parte semplicemente cervellotiche. C'è anche chi, come la consigliera Milly Moratti, cognata ma avversaria del Sindaco, e due suoi sodali, si è dato la pena di redigere un piano alternativo e di orientamento opposto, pur nella certezza che non andrà da nessuna parte. Se vogliamo, la situazione ricorda i famosi assalti alla diligenza che, prima della riforma di Tremonti, caratterizzavano ogni anno il dibattito sulle Legge finanziaria nei due rami del Parlamento e che si concludevano immancabilmente con un danno per lo Stato.
Intendiamoci: nessuno, neppure l'assessore Masseroli, pretende che il Piano - un documento di grande complessità, che pretende di dettare gli indirizzi urbanistici per il prossimo quarto di secolo - non sia perfettibile. Ma, per quanto riguarda la maggioranza, il lavoro di rifinitura è già stato fatto negli ultimi sei mesi, attraverso sia il passaggio in Commissione, sia negoziati anche defatiganti tra la Giunta, gli uffici e i Consiglieri del centro-destra: è difficile, perciò, giustificare la presentazione di oltre duecento richieste di modifica, sia formali, sia sostanziali, anche da parte del Pdl e della Lega; ed è legittimo sospettare che almeno una parte di questi emendamenti rispecchino istanze senza dubbio legittime, ma non sempre compatibili con l'interesse generale.
Per quanto riguarda la minoranza, la moltiplicazione degli emendamenti è - in sostanza - uno strumento di ricatto (secondo un metodo peraltro seguito ogni anno durante la discussione sul bilancio). Non avendo i numeri per imporre la propria visione generale, il Pd e i suoi alleati hanno operato in modo da rendere impossibile l'approvazione del Piano senza un compromesso politico. La loro strategia, cioè, è di negoziare il ritiro del grosso degli emendamenti, e rendere così possibile il passaggio della delibera in tempi accettabili, contro l'accoglimento da parte della maggioranza di una serie di modifiche che stanno loro particolarmente a cuore. Allo stato, questa sembra l'unica strada per impedire che il Piano si areni definitivamente nell'aula consiliare. Per ora, la vittima designata del baratto sembra essere il tunnel tra l'area della Fiera e Linate, che - non si capisce bene per quali ragioni - è particolarmente inviso alle sinistre, ma perché il famoso «accordo politico» di cui tanto si parla vada in porto, la Giunta dovrà fare altre importanti concessioni.
Comunque, non è un bello spettacolo.

Anche se le intenzioni di molti presentatori di emendamenti possono essere buone, siamo in presenza di un classico caso in cui il meglio è nemico del bene. Protrarre per settimane o mesi, o addirittura non approvare il Piano, sarebbe oggettivamente un danno per la città: un danno evitabile, se tutti dimostrassero un maggiore senso della responsabilità.

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