A Molassana le creuze sprofondano, ma nessuno interviene

Creuze di Molassana impraticabili. Gli abitanti sono inferociti perché nessuno sta dando loro attenzione. «È vero - dicono - che la zona più martoriata è stata via Fereggiano e dintorni, qui da noi non ci sono stati morti, ma se non interviene nessuno prima o poi ci saranno. Non vorremmo che - aggiungono - passata la tempesta tutti ritornino alla loro normale vita quotidiana ed è proprio lì che succederà l'ennesima tragedia».
Giuseppe Russo, consigliere della Valbisagno dal 1993 punta il dito sulla situazione di grave degrado e pericolo in cui versano salita alla Chiesa di San Gottardo, salita San Beno e salita Liggia. «Sono tutte dissestate e impraticabili - dice Russo - tubi del gas e dell'acqua scoperti perché la pavimentazione è stata completamente trascinata a valle dalla forza delle acque». «Inoltre - continua - si sono formate delle voragini molto profonde, davvero pericolose per chi passa a piedi». «Su di esse però - aggiunge - incombono dei muretti a secco di contenimento di alcune proprietà che sono gonfi, perché bagnati e intrisi d'acqua. Se qualcuno al più presto non li ripristina verranno sicuramente giù e invaderanno l'intera creuza e si porteranno via le case sottostanti». Così Pino Russo e gli abitanti delle strade pedonali che si snodano sulla collina sopra Molassana hanno chiamato subito il presidente del Municipio Valbisagno Agostino Gianelli, e insieme a lui anche la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco e la Divisione Territoriale Valbisagno. Ma pare che al momento nessuno abbia risposto. Tutti sono impegnati nella zona del Rio Fereggiano e da queste parti non si è ancora fatto vedere nessuno. «Noi abbiamo avvisato tutti - denuncia - adesso tocca a loro intervenire». «Sino a stamattina - dicono i residenti, venivano giù torrenti d'acqua a cascata da sopra la chiesa di San Gottardo».
Anche nelle mattonate dell'alta Valbisagno i genovesi sono scesi in strada con pala e piccone a ripristinare le loro strade. «Aiutati che il Ciel ti aiuta - dice un anziano signore che con stivaloni da pescatore e pala in mano sta cercando di ripulire dal fango e dai detriti che sono rotolati giù il sentierino che porta alla sua casa».
Lassù, dove l'autunno è visibile nelle foglie gialle degli alberi e nel forte profumo di legna che si sprigiona dalle case, sembra di essere tornati indietro di quarant'anni. Qui il tempo si è fermato come i problemi.

«Siamo troppo lontani da Tursi perché gli amministratori si ricordino di noi - aggiungono i genovesi delle alture di Molassana - il nostro è un po' il raglio dell'asino che non arriva in Paradiso». Ma non si lasciano prendere dallo sconforto. E così, da soli stanno lavorando per mettere in sicurezza il possibile.

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