«Molte pressioni dell’Anm sul nome del Guardasigilli»

Patrono critica i malumori delle toghe sull’ipotesi di Pisapia ministro: «Stop alle interferenze sul governo»

Anna Maria Greco

da Roma

Sono così tante le indiscrezioni e così pesanti i gossip sulle presunte pressioni dell’Anm e delle correnti delle toghe per indirizzare la scelta del futuro guardasigilli del governo Prodi, che il segretario generale di Magistratura indipendente sente il bisogno di prendere le distanze con un comunicato-stampa.
Antonio Patrono, già leader dell’associazione delle toghe, fa sapere a nome della corrente moderata considerata più vicina al centrodestra, che è «altamente inopportuna qualsiasi interferenza che provenga dalla magistratura, a qualsiasi titolo e a qualsiasi livello, sulla composizione» del nuovo governo, «con ovvio e particolare riferimento alla nomina del futuro ministro della Giustizia».
Si riferisce a recenti notizie di stampa, anche se non precisa nomi e circostanze ormai note: cioè i maldipancia nell’Anm, soprattutto da parte delle toghe di sinistra, per la candidatura di Giuliano Pisapia, avvocato garantista di Rifondazione comunista che più volte ha detto di non considerare la riforma Castelli proprio da buttare. Indiscrezioni che hanno già provocato la smentita della rossa Magistratura democratica di usare «canali riservati» per contrastare o sponsorizzare possibili guardasigilli. E anche la precisazione della maggioritaria Unicost, di non aver mai incontrato Pisapia per sondarne la posizione sulla riforma dell’ordinamento giudiziario e sulla separazione delle carriere. Prese di posizione che alimentano, al contrario, il sospetto che dietro le quinte parti importanti dell’Anm stiano lavorando per assicurarsi che l’Unione metta l’uomo giusto al posto giusto: un ministro, cioè, che possa premiare la guerra senza quartiere fatta dal sindacato delle toghe al governo Berlusconi, attaccando a suon di scioperi, manifestazioni, appelli e infuocate dichiarazioni la riforma Castelli.
In questa gara a dare il gradimento all’uno o l’altro Mi non vuole entrare. E interviene proprio quando i giochi sembrano riaprirsi perché se il leader di Rc, Fausto Bertinotti, è il presidente in pectore della Camera, le quotazioni di Pisapia potrebbero scendere e salire quelle di Anna Finocchiaro dei Ds o di altri. «Tale scelta - afferma Patrono - è e deve essere di esclusiva pertinenza e responsabilità politica». Solo dopo la designazione del guardasigilli la magistratura associata avrà «il diritto e il dovere» di fare pressione in tutti i modi perché sia accolta la richiesta forte di modificare profondamente il «quadro normativo in tema di giustizia che è risultato al termine dell'ormai trascorsa legislatura, caratterizzato da elementi di negatività forse senza precedenti e che dovranno essere prontamente e decisamente rimossi nei modi più opportuni». Mi agirà su questo piano, «e non su quello della scelta delle persone». Patrono coglie l’occasione «per deprecare nella maniera più ferma possibile le censure all'operato della magistratura di Bologna espresse da esponenti politici di quella città». In sostanza, le dure critiche di Rc al pm Paolo Giovagnoli, è un’ «inaccettabile interferenza nell'attività giudiziaria». Anche l’Anm esprime in una nota «viva preoccupazione» per gli «ingiusti attacchi» al sostituto procuratore e solidarietà al collega.
Mario Cicala, del Direttivo centrale dell’Anm e primo eletto di Mi, condivide in pieno la posizione di Patrono sulla necessaria estraneità delle toghe dalle scelte politiche.

Non per nulla, non ha votato la giunta in carica perché dava l’impressione di una magistratura schierata. «Secondo la Costituzione - ribadisce Cicala - dev’essere terza e dunque al di fuori di ogni schieramento. È quindi negativo esprimere preferenza o contrarietà per questo o quel candidato-guardasigilli».

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