È il momento di darsi una svegliata

Ahi. Questa non si doveva perdere. Perché è la terza consecutiva fuori, e ora abbiamo il certificato di malati da trasferta. Perché la Roma, che si stava rianimando, ora ha preso la rincorsa, e fa il campionato proprio su di noi, o meglio come noi, proprio sul quarto posto. Perché ora tutti ricominciano a farci i complimenti e la cosa dà sui nervi, e anche parecchio («da applausi», dice Rosella Sensi, «eccezionali», esagera De Rossi, ci pigliava in giro?).
Non si doveva perdere, perché con l’Udinese in casa avevamo svoltato, no? Perché c’eravamo tolti - finalmente, se vogliamo - il dente della Champions, che - si vedeva lontano un miglio - dall’inizio non riuscivamo a gestire, di testa più che di gambe.
Non si doveva perdere perché gli spifferi e le lagne dello spogliatoio cominciano ad essere imbarazzanti; perché i centrocampisti sembra che giochino a nascondino, e ogni tanto, trovata la tana, ci si nascondono dentro. E lo vedono tutti, e lo dicono, ormai, due come Antognoni e De Sisti, che un pochino ne capiscono. Non si doveva perdere perché è evidente che non riusciamo a marcare gli attaccanti forti. Perché dietro abbiamo tanti «pezzi di ricambio», ma il risultato lascia alquanto a desiderare.

Perché la rosa è abbondante, ma la qualità in certi ruoli è piuttosto discutibile, e il Lione ha tirato fuori parecchie magagne.
Questa non dovevamo perderla per un milione di ragioni, ma l’abbiamo persa. Vabbè, però cerchiamo di darci una svegliata, dai.

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