Milano - Nel 1890 Claude Monet acquista una casa a Giverny, lungo la Senna, a nord di Parigi. Fino ad allora egli aveva sempre condotto un’esistenza da nomade alla ricerca dei mutamenti della luce. Quando acquista la casa di Giverny, Monet è a metà della sua vita: qui vivrà il resto della sua lunga vita, cercando senza sosta di realizzare quella che considera ormai la fonte di ispirazione più importante per la sua arte: il suo giardino. Ed è proprio dedicata a questa nuova indagine sensoriale la mostra Monet - il tempo delle ninfee, ospite in questi giorni a Palazzo Reale a Milano.
Il padre dell'immersionismo "Con questa mostra abbiamo voluto porre tre questioni: Monet non è il padre dell’impressionismo ma dell’immersionismo, dobbiamo inmergerci nelle cose per vederle. La seconda questione è che questa mostra e dedicata a chi vuole imparare a guardare, perché guardiamo in modo superficiale, approssimativo e incapace di generosità e precisione. La terza questione è di politica culturale, abbiamo voluto Magritte, abbiamo scelto Monet e desideriamo l’anno prossimo Cezanne. Il tema è sempre lo stesso: ripensare al nostro rapporto con la natura, il paesaggio e l’identità dei luoghi". L’assessore milanese alla Cultura, Massimiliano Finazzer Flory, ha presentato la nuova mostra ospite a Palazzo Reale. Grazie al più grande prestito mai concesso all’estero dal Museo Marmottan Monet, la mostra si sviluppa intorno a 20 grandi e grandissime tele che il padre dell’impressionismo ha dedicato allo studio delle ninfee nel suo giardino giapponese di Giverny.
Il giardino di Monet Nel 1890 Claude Monet, il padre dell’impressionismo, acquista la casa e il giardino di Giverny, lungo la Senna, a nord di Parigi. Fino ad allora egli aveva sempre condotto un’esistenza da nomade, alla ricerca dei mutamenti della luce, dalla Normandia all’Italia, dall’Inghilterra alla Norvegia. Quando acquista la casa di Giverny, Monet è a metà della sua vita. In questa casa vivrà il resto della sua lunga vita, cercando senza sosta di realizzare quella che considera ormai la fonte di ispirazione più importante per la sua arte: il suo giardino. Accanto al giardino francese, con i fiori che ha piantato in un primo tempo, egli costruirà il suo giardino giapponese: qui, in uno stagno circondato da salici, fioriranno le più diverse specie di ninfee.
Venti capolavori mai visti Proprio a questi trent’anni della sua vita, al "tempo delle ninfee", è interamente dedicata la mostra allestita nelle sale nobili di Palazzo Reale. Il cuore del percorso espositivo è costituito da 20 capolavori di Monet, mai usciti in questa quantità e qualità dal Museo Marmottan: venti grandi tele che Monet ha dipinto tra il 1887 e il 1923 e che ci restituiscono il percorso che lo ha portato a cercare di trasferire, dal suo giardino alla sua arte, i salici piangenti, le ninfee, i ponti giapponesi, le rose e gli iris che lo popolano. Realizzate nei primi due decenni del secolo, mentre si affermavano il Cubismo e le avanguardie, le ninfee di Monet sono l’atto potente di un genio artistico che va oltre il proprio tempo e che dalla lontana invenzione della pittura en plein air oltrepassa tutta la cultura successiva superando di un sol colpo la pittura da cavalletto per addentrarsi in nuovi paesaggi astratti che insegneranno a tutto il Novecento un nuovo modo di vedere la natura.
L'utopia delle ninfee Le ninfee sono infatti il punto di arrivo di un’utopia progettata e realizzata nell’ultima stagione della vita, di un’idea totalizzante di rifondazione della pittura che, partendo dai colori vivi e dai paesaggi senza orizzonte delle stampe giapponesi, si porrà come uno dei grandi contributi alla pittura moderna, non inferiore, come affermerà Picasso nel 1944, alla linea tracciata da Cézanne e dal Cubismo. L’arte giapponese ha avuto un ruolo determinante nella vita e nella ricerca artistica di Monet: a testimonianza di ciò sono esposte in mostra, a rotazione per ragioni conservative, 52 stampe di Hokusai e Hiroshige, provenienti dal Museo Guimet di Parigi. Monet non è il solo pittore ad essere influenzato dalle produzioni giapponesi che ormai circolavano in Europa, ma è sicuramente tra loro il maggiore collezionista con 276 stampe nella tradizione ukiyo-e. Il suo maggiore interesse è la lettura del paesaggio e della natura attraverso un loro frammento e la serialità delle vedute, in particolare quelle del Monte Fuji e dei fiori di Hokusai, così come quelle delle acque e dei ponti di Hiroshige.
L'esposizione di fotografie Il confronto tra l’idea di paesaggio nell’arte giapponese e le opere del Maestro è infine completato dall’esposizione di una serie di preziose fotografie dell’Ottocento, dipinte a mano, di giardini giapponesi. "A corredo della mostra verranno organizzati paralleli che intrecciano musica e poesia del tempo impressionista per trasformare Palazzo Reale in un giardino in cui si possano sentire musiche di Debussy e Ravel, la poesia di Baudelaire, Rimbaud e Verlaine – ha spiegato Finazzer Flory - e siccome uno dei temi fondamentali dell’Expo è l’acqua con questa esposizione abbiamo voluto dare una risposta estetica, simbolica e quindi politica al senso che l’acqua riveste per l’uomo".
Un'inedita collaborazione La mostra, è promossa dal Comune di Milano – Cultura sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica e con il patrocinio del ministero degli Esteri, del ministero per i Beni culturali e del consolato generale del Giappone a Milano, ha il privilegio di promuovere un'inedita collaborazione tra due grandi istituzioni francesi come il Museo Marmottan Monet, che fu creato alla morte del Maestro da eredi e amici e custodisce la più vasta e importante collezione al mondo della sua opera, e il Museo Guimet, il più grande museo d’arte orientale in Europa. Ideata e curata da Claudia Zevi & Partners, l’iniziativa si avvale di importanti contributi, da quello di Michel Draguet che ha studiato a lungo la trasformazione della pittura di Monet negli anni in cui si dedica alla costruzione del suo giardino, a quello di Marco Fagioli, uno dei maggiori esperti del "giapponismo" nelle arti figurative europee alla fine dell’Ottocento e massimo conoscitore della fotografia giapponese della seconda metà del XIX secolo, di cui la mostra presenterà diversi e rari esempi, a quello di Hélène Bayou, direttrice del dipartimento giapponese del Museo Guimet.
L’evento è prodotto, in collaborazione con Edison, da Palazzo Reale con Civita, 24 ORE Motta Cultura e Giunti Arte mostre musei, che ne pubblica anche il vasto catalogo, curato da Claudia Beltramo Ceppi con testi di Jacques Taddei, Hélène Bayou, Michel Draguet, Marco Fagioli e Delfina Rattazzi.
LA MOSTRA
Monet -Il tempo delle ninfee
Milano, Palazzo Reale (Piazza Duomo, 12)
30 aprile – 27 settembre 2009
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.