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27 mila morti in Africa a causa del jihad

Il continente africano è terra di conquista da parte di gruppi islamisti, di seguito un'analisi delle formazioni jihadiste che stanno diffondendo il terrore in Africa

27 mila morti in Africa a causa del jihad

Ventisette mila morti in dieci anni. Un bilancio agghiacciante quello reso noto da un'inchiesta di Le Monde sulla jihad in Africa. Il quotidiano francese ha infatti pubblicato un'indagine attraverso la quale ha realizzato una radiografia della guerra islamista nel continente africano e dopo aver analizzato i singoli gruppi, i proventi, le attività illegali con cui si finanziano, il media transalpino ha operato anche un conteggio delle vittime della guerra del terrore, il cui numero complessivo, arrotondato per difetto è di ventisette mila persone uccise in 10 anni.

Il primo Paese che viene preso in considerazione è la Nigeria, dove dal 2002 imperversa il gruppo Boko Haram. L'organizzazione affiliata al Califfato, che ha un numero di membri che stando all'indagine oscilla tra le 6mila e le 30mila unità, ha ucciso 1595 persone nel solo 2013. Nel 2014 il bilancio si è alzato a 6118 e la stima complessiva delle persone uccise nei tredici anni di guerra, oggi oscilla intorno alle 17mila. Il gruppo, che si mantiene grazie alla cattura di ostaggi, ai prelievi forzati imposti alla popolazione, ai traffici illegali e agli aiuti che provengono dall'internazionalismo del terrore, negli ultimi due anni ha esportato il conflitto anche nei paesi confinanti e così il Camerun ha visto morire 500 cittadini, il Ciad 100 e il Niger già terra delle incursioni del Mujao (Movimento per l'Unicità e la jihad in Africa occidentale) è entrata nel mirino di Boko Haram e nell'area di Diffa sono state uccise più di 100 persone.

Poco più a nord, la guerra dell'Islam, dal 2013 si è radicalizzata in Mali, dove operano i gruppi Aqmi, Mujao e Ansar Edinne. Il primo, attivo dal 2007, vanta da 1000 a 1500 affilliati e svolge un ruolo attivo nel traffico di droga e di clandestini. Ansar Edinne in difficoltà oggi, può contare su poche centinaia di adepti. A questi tre nomi si sono aggiunte recentemente anche altre due fazioni che si sono fatte conoscere al mondo con l'assalto al Radisson Blue Hotel di Bamako dello scorso 20 novembre. Più precisamente si tratta di Al Mourabitoune, creata dal ricercato Mokhtar Belmokhtar e implicata nel traffico di stupefacenti e del Force du Liberation de Macina. In Mauritania la situazione è più stabile e si annoverano solo sporadici attacchi di Aqmi che hanno provocato la morte di 50 persone.

In Africa Orientale il pericolo numero uno è Al Shabaab. La setta islamista somala, salafita, ha provocato la morte di 5000 persone e si mantiene soprattutto grazie al traffico di carbone, dell'avorio e sulla tassazione imposta alla popolazione nelle aree sotto il suo controllo. Nel mirino dei terroristi somali è finito anche il Kenya, come attestano l'attentato al Westgate di Nairobi avvenuto nel settembre del 2014 nel quale hanno perso la vita 68 persone e quello nell'aprile 2015 all'università di Garissa dove si sono contate 148 vittime.

Nel Maghreb la situazione vede invece una maggior penetrazione da parte delle formazioni legate al Daesh, e in tutti gli stati, partendo dal Marocco, passando per l'Algeria, la Tunisia, la Libia e l'Egitto si assiste alla presenza di cellule più o meno attive legate comunque all'internazionalismo nero. Ci sono i gruppi come Ansar Al Sharia e i foreign fighters partiti per la Siria.

Episodi eclatanti sono stati gli attentati al Bardo e l'attentato all'aereo russo, non vanno inoltre dimenticate neppure le migliaia di civili locali, vittime di una guerra del terrore che vede nell'Africa una terra di proselitismo, espansione e conquista.

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