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"È una spia": Teheran confema pena di morte per il medico che lavorava in Italia

Ahmadreza Djalali, medico iraniano con passaporto svedese, verrà giustiziato il 21 maggio. A nulla sono servite le proteste per salvarlo

"È una spia": Teheran confema pena di morte per il medico che lavorava in Italia

Le sorti di Ahmadreza Djalali sono già state decise e per l'uomo non ci sarà nulla da fare. Il medico con doppia nazionalità iraniana e svedese, sarà giustiziato entro il prossimo 21 maggio con l'accusa di spionaggio a favore del Mossad, l’agenzia di intelligence israeliana. La notizia è stata rilanciata dall'agenzia di stampa Isna. Il governo iraniano priverà la Svezia della possibilità di qualsiasi azione che possa mettere in salvo l'uomo.

Djalali è un ricercatore che per diversi anni ha lavorato in Italia nel Centro di medicina dei disastri (Crimedim) dell'Università del Piemonte Orientale di Novara. Ritornato in Iran nel 2016 per una visita accademica, è stato arrestato con l'accusa di aver rivelato dei dati riservati. L'anno dopo, il 21 ottobre 2017, è stato condannato a morte e da quel giorno si trova in una cella del carcere di Teheran. “Sono uno scienziato, non una spia”, con queste parole l'uomo ha sempre cercato di difendersi.

A incastrare il medico sarebbe stata una lettera spedita alla moglie nella quale venivano rivelate le azioni del medico. Quest'ultimo però ha sempre negato di aver scritto quelle parole e al momento è ancora dubbia la sua autenticità.

Fin dal giorno del suo arresto moltissimi si sono radunati per sostenere Djalali e in suo onore sono state organizzate manifestazioni, proteste e una serie di raccolte firme anche sui social. Il tutto per far rumore e arrivare alle autorità iraniane. Secondo Amnesty International, l'organizzazione internazionale che lotta in difesa dei diritti umani nel mondo, ad aggravare la situazione di Djalali nella sua piccola cella, è stata anche l'impossibilità di mettersi in contatto in tutti questi anni con moglie e figli attualmente residenti in Svezia.

La stessa organizzazione aveva raccolto oltre 220.000 firme con le quali si chiedeva alle autorità di Teheran di rilasciare immediatamente il medico perché innocente. Al contrario, il governo iraniano ha deciso che l'uomo verrà giustiziato a fine maggio.

Per i giudici la tesi della cospirazione in favore del Mossad è credibile e Djalali avrebbe fornito informazioni sensibili su siti militari e nucleari iraniani e su due scienziati iraniani poi assassinati.

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