Angelino Alfano ha paura di fare la guerra. Teme che un impegno in Libia possa scatenare l'ira dei terroristi islamici contro l'Italia. Tra le due azioni non c'è un legame diretto, anche se molto spesso gli attacchi degli islamisti vengono motivati accusando la potenza occidentale di turno di essere impegnate militarmente contro uno Stato di fede islamica.
"La connessione tra quanto è accaduto a Sabratha e l'ipotesi di partecipazione alla missione internazionale è quanto meno acrobatica - dice il titolare del Viminale in un colloquio con il Corriere della Sera - purtroppo i nostri connazionali sono vittime di un evento che casualmente s'intreccia con quello che si sta pianificando, e il dolore è maggiore perché che ci stavamo impegnando a fondo per la liberazione degli ostaggi". Tuttavia Alfano è certo che una qualsiasi evoluzione della situazione in Libia può aumentare il rischio attentati in Italia. "Tutte le analisi investigative e di intelligence hanno stabilito un nesso tra la 'politica punitiva' messa in atto dall'Isis con gli attentati di Parigi e la partecipazione della Francia ad azioni militari". Non, per questo, però esclude a priori una partecipazione italiana all'intervento in Libia. "Quello che sta avvenendo davanti casa nostra non è più tranquillizzante per la nostra sicurezza interna - ammette - nella valutazione dei rischi, lasciare la situazione com'è non rende il quadro meno preoccupante per noi". Anche sul piano del pericolo attentati. "Il rischio c'è già - sottolinea - e tenere un vulcano acceso davanti alle nostre coste non aiuta certo a ridurlo".
Il ministro nega che si tratti di una conferma implicita dell'intervento italiano in Libia: "Solo una considerazione su questa ipotesi legata al mio ruolo di ministro dell'Interno. Non esiste un'iniziativa autonoma, ma solo l'eventualità di azioni concordate con gli altri Paesi".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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