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Birmania: la Suu Kyi, come il padre nel 1947, propone una "nazione federale"

La proposta è arrivata ieri durante la giornata inaugurale della conferenza di pace che si sta tenendo a Naypyidaw tra i leader di alcuni gruppi etnici, dei militari e del governo. Ma le aspettative non sono delle migliori

Birmania: la Suu Kyi, come il padre nel 1947, propone una "nazione federale"

Aung San Suu Kyi, intervenuta ieri alla giornata inaugurale della conferenza di pace che si sta tenendo a Naypyidaw, alla quale stanno partecipando diversi leader dei gruppi etnici, dei militari e del governo, ha proposto la possibilità di costituire una “nazione federale”. Una proposta molto simile a quella che suo padre aveva concordato nel lontano 1947 con il “Trattato di Planglong”. L’accordo firmato da Aung San e dai principali leader dei gruppi etnici, infatti, stabiliva “un’unione federale della Birmania”. Il trattato, però, non è mai stato rispettato perchè, dopo un colpo di stato e l’uccisione del padre della Suu Kyi, il potere è passato alla dittatura militare dello spietato generale Ne Win.

La tavola rotonda in atto, che durerà fino alla fine della settimana, dovrebbe consolidare le trattative di pace dopo la firma del cessate il fuoco avvenuta lo scorso ottobre. Ma le aspettative non sono delle migliori. Dei 15 principali gruppi etnici invitati dal governo alla firma dell’accordo per mettere fine ai conflitti che da decenni insanguinano il Paese, solo 8 hanno firmato. E anche all’interno di questi 8 che hanno raggiunto l’accordo, ci sono diverse correnti contrarie.

Nello scorso ottobre eravamo entrati illegalmente nelle zone sotto il controllo dei guerriglieri Karen e lo stesso generale Nerdah Mya, numero uno della Karen National Defence Organisation (KNDO), considerato un capo anche da gran parte dei civili del suo popolo, ci aveva dichiarato di essere estremamente contrario alla fine delle ostilità, “finché non verranno poste dai militari delle solide basi per farlo”. Basi che fino ad ora non sembrano esserci.

Negli ultimi tre mesi, infatti, l’esercito ha iniziato una potente offensiva contro diversi gruppi etnici. E lo stesso Min Aung Hlaing, capo del Tatmadaw - l’esercito birmano –, ha recentemente definito i conflitti in atto in diverse zone del Paese come “guerre giuste”. Ma non solo. Il generale, anche lui intervenuto ieri durante la conferenza, ha sostenuto che “il Tatmadaw dovrà essere l’unico esercito armato del Paese”.

Una condizione che va contro le richieste dei gruppi armati etnici e che di certo non aiuterà il processo di pace in atto.

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