"Manca una Barbie asiatica". Bufera liberal sulle bambole inclusive

La Barbie annuncia una nuova collezione ispirata alle Olimpiadi ma dimentica la versione asiatica. Sui social si scatena il finimondo e la Mattel finisce sotto accusa dai politicamente corretti

"Manca una Barbie asiatica". Bufera liberal sulle bambole inclusive

Bufera sulla Barbie, colplevole di una "dimenticanza" che i crociati del politicamente corretto non perdonano. Come riporta l'Ansa, infatti, Mattel ha presentato una nuova collezione di Barbie in omaggio ai Giochi olimpici che però ha scatenato la furia dei social media. Tra le nuove bambole, infatti, manca infatti una Barbie "asiatica". La collezione comprende cinque bambole che riflettono i cinque nuovi sport che sono stati aggiunti al programma olimpico quest'anno: baseball/softball, arrampicata sportiva , karate, skateboard e surf. "Tokyo 2020 è un evento monumentale che unisce il mondo attraverso lo sport e ispira i fan di tutte le età", ha scritto il Chief Franchise Officer di Mattel Janet Hsu in un comunicato stampa. "La collezione Mattel Tokyo 2020 onora questi sport e ispira una nuova generazione attraverso lo spirito olimpico e l'eccezionale tradizione atletica". Nonostante il tentativo di evidenziare "l'inclusività e l'innovazione" della nuova collezione, molti utenti hanno duramente criticato la compagnia proprio per l'assenza di una Barbie dai tratti asiatici. Maccome, non sono gli stessi che insistono nel dire che le razze - e le etnie - non esistono e siamo tutti uguali?

Manca la Barbie asiatica: è polemica

"Non comprerò bambole Barbie per le mie due bambine. Nessuna rappresentanza", ha twittato il commissario della contea di Michigan Macomb Mai Xiong, emigrato negli Stati Uniti come rifugiato Hmong all'età di tre anni. Altri si chiedono come abbia fatto la società a dimenticarsi la Barbie asiatica visto che le Olimpiadi si sono svolte proprio a Tokyo, capitale del Giappone. Altri ancora accusano la compagnia di non dare la giusta rappresentanza ai tanti asiatici americani. "La Mattel rende gli #AsianAmericans invisibili mentre pubblicizza la linea di bambole più inclusiva di sempre" accusa l'artista visivo americano giapponese Drue Kataoka. La polemica accende - ancora una volta - i riflettori sulla politica dell'identità e sull'ossessione per le minoranze che sta dominando il discorso pubblico nel Paese a stelle e strisce. Il punto è: questa volta si polemizza sull'assenza di una barbie asiatica, la prossima volta chi protesterà? Le associazioni Lgbtq? Quelle che tutelano le persone transgender? I rifugiati? E i disabili?

Frutti avvelenati della politica dell'identità

Questo accade quanto si atomizza e si divide la società in gruppi sempre più piccoli e in competizione fra loro. Un argomento approfondito da Douglas Murray nel suo recente saggio tradotto in italiano con il titolo La pazzia delle folle. Gender, razza e identità l'editore Neri Pozza (Colibrì). La politica identitaria, spiega, "è il luogo in cui la giustizia sociale trova chi dá la linea al suo partito. Essa atomizza la società in diversi gruppi d’interesse in base al sesso (o genere), alla razza, alle preferenze sessuali è così via. Dá per scontato che tali caratteristiche siano i principali o gli unici attribuiti rilevanti di chi le possiede e che essi portino con sé un qualche valore aggiunto". È per questo che si pretende di "abbattere le statue di figure storiche di cui si ha l’impressione che fossero dalla parte sbagliata, ed è per questo che bisogna riscrivere il passato di chiunque si abbia da salvare. È per questo che per un senatore dello Sinn Féin non c’è proprio nulla di strano a sostenere che con lo sciopero della fame dell’IRA nel 1981 si stava manifestando per i diritti dei gay.

Si ha la politica identitaria laddove i gruppi di minoranza vengono incoraggiati simultaneamente ad atomizzarsi, organizzarsi ed esprimersi". A forza di includere e di provare a rappresentare tutte le minoranze possibili sul pianeta, dunque, è possibili che ci si dimentichi di qualcuno.

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