Le confessioni di un disertore dell’Isis: "Giusto lapidare e crocifiggere chi viola la Sharia"

Un australiano racconta di essersi arruolato nel Califfato in Siria e di averlo lasciato dopo le esecuzioni degli occidentali

Le confessioni di un disertore dell’Isis: "Giusto lapidare e crocifiggere chi viola la Sharia"

Australiano, convertito all’Islam e guerriero dell’Isis. È la storia di Abu Ibrahim raccontata da Cbsnews.

Ha lasciato casa destinazione Siria, per rispettare la Sharia e unirsi al Califfato. Una fotocopia dei tanti foreign fighters – se ne stimano circa 20mila – che si sono arruolati nell’esercito dell’orrore di Abu Bakr al Baghdadi. Lui però, a differenza di molti altri, si è pentito della scelta e dopo sei mesi ha disertato.

L’uomo, trent’enne, ha lasciato il gruppo scioccato dalle brutali uccisioni degli innocenti ostaggi occidentali. Non lo turbavano invece – in quanto previste dalla Sharia (insomma, dura lex sed lex…) – le esecuzioni pubbliche di chi era colpevole di reati come l’adulterio, puniti con la lapidazione o la crocifissione dall’Hisbah, la polizia religiosa che ha il compito di far rispettare la legge islamica. Tra i suoi compiti, per esempio, assicurarsi che le donne si vestano (o meglio, coprano) in modo appropriato e che gli uomini si lascino crescere la barba.

Sei mesi in prima linea gli sono bastati per scappare dalla follia dello Stato Islamico. Ora, a volto coperto con voce camuffata e nome di fantasia, racconta la sua esperienza con i terroristi. “Molto persone, quando arrivano, hanno grande entusiasmo per quello che vedono sui media o su Youtube. Pensano che si tratti di qualcosa molto più grande e forte di quello che realmente è. Non è così: sono tutte parate militari e vittorie”. Il disertore ha poi rivelato l’entità del sostentamento economico ricevuto dai foreign fighters: alloggio, vitto e indennità (50 dollari d’estate e 100 d’inverno).

L’uomo conferma le grandi difficoltà nell’abbandonare la struttura, che non permette defezioni: chi abbandona viene imprigionato e interrogato.

La catena di comando del Califfato ha una vera e propria psicosi per le spie e le infiltrazioni: la motivazione principe delle barbare esecuzioni è proprio l’accusa di spionaggio e al Baghdadi non perdona.

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