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Congo, ora il dramma ha il volto crudele delle milizie islamiste

Il 21 luglio l'ultima strage di civili. La società è inerme e dei ribelli si sa ancora troppo poco

Soldati congolesi vicino alla città di Kibumba, al confine con il Rwanda
Soldati congolesi vicino alla città di Kibumba, al confine con il Rwanda

«L'orrore! L'orrore!», le parole di Kurtz in Cuore di Tenebra sembrano aver condannato a un dannazione perpetua e immanente la Repubblica Democratica del Congo. Una tragedia senza fine quella del Paese africano; tra le guerre per il sottosuolo, la polveriera Nord-Kivu e lo sterminio etnico, oggi, all'interno delle foreste dell'ex Zaire, un nuovo incubo si sta materializzando: l'infiltrazione di milizie integraliste islamiche. Il tutto, ovviamente, accompagnato da nuove violenze, massacri e corpi travolti dalla furia dei colpi di machete.

Da oltre un anno, infatti, nelle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo, le ex Forze Democratiche Alleate, che ora si fanno chiamare Muslim Defense International (precedentemente Allied Democratic Forces -trattasi di un gruppo ribelle ugandese con base in R.d.C), stanno commettendo stragi di civili. L'ultima è avvenuta martedì 21 luglio: nel bilancio si annoverano altri nove morti, che vanno ad aggiungersi ai 400 totali. Un resoconto drammatico, che vede la società civile inerme e terrorizzata. Le conoscenze intorno alla formazione ribelle rimangono ancora vaghe; alcuni analisti sostengono che si tratti di gruppi criminali in contatto con mafie locali e che l'islamismo sia solo una copertura di facciata, altri, invece, ritengono che l'Mdi impersonifichi la nuova frontiera dello jihadismo africano. Non poche sono le voci che affermano che la milizia sia composta da uomini provenienti da Somalia, Nigeria, Tanzania e Uganda ed abbia la volontà di creare una zona franca in Congo, da cui gettare le basi per la propria espansione nella regione dei Grandi laghi, oltreché, contemporaneamente, iniziare uno sfruttamento del sottosuolo.

Ad avallare quest'ultima tesi anche il comunicato emesso dalla “Fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre” lo scorso mercoledì 22 luglio. Nel testo si legge che oltre 1500 bambini e adolescenti sono stati indottrinati alla jihad in diversi campi di addestramento, disseminati nelle foreste dell'est del Paese. «Le prove che ci sono state fornite non lasciano alcun dubbio sulla natura di questi centri», afferma Maria Lozano, vice direttore internazionale della comunicazione di ACS, che dichiara essere in possesso anche di numerose fotografie raffiguranti bambini e adolescenti in uniforme, costretti ad addestrarsi da uomini armati, la quale, poi, così ha proseguito: «Siamo molto preoccupati per la sorte di questi ragazzi, che sono stati sottratti alla strada con la promessa di un’alternativa alla povertà. Molti di loro sono orfani, mentre altri sono stati affidati ai fondamentalisti dalle famiglie, convinte che i propri figli avrebbero ricevuto un’istruzione in Europa, Medio Oriente o Canada».

E così un nuovo spettro si materializza tra i confini del Paese, divenuto un'antologia in continuo aggiornamento sull'inesauribilità dell'odio.

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