La Corte internazionale di giustizia, organo Onu incaricato di dirimere i dissidi tra Stati, ha in questi giorni, nel quadro di una controversia tra Stati Uniti e Iran, adottato una decisione “favorevole a Teheran”.
Dopo due anni e mezzo di dibattimento, il tribunale internazionale, con sede all’Aia, ha censurato come “illegittime” le sanzioni finanziarie disposte da Washington ai danni del Paese asiatico all’indomani dell’esplosione della rivoluzione khomeinista. Nel 1979, le autorità americane avevano infatti disposto, quale ritorsione per l’instaurazione in Iran della leadership degli ayatollah, il “congelamento” dei beni riconducibili alla nazione islamica presenti in territorio statunitense.
A quarant’anni dal varo di tali provvedimenti restrittivi, la Corte ha ordinato agli Usa di “revocare” questi ultimi e, di conseguenza, di “restituire” a Teheran tutti i valori immobiliari e finanziari requisiti in passato. In base alle stime effettuate dalle autorità della repubblica islamica, Washington dovrebbe riconsegnare al Paese asiatico "oltre 2 miliardi di dollari" di "asset".
Le sanzioni decise dalla Casa Bianca nel 1979, ad avviso del tribunale Onu, costituirebbero una “violazione del diritto internazionale”, in quanto contrastanti con gli articoli di un “trattato di amicizia” stipulato da Usa e Iran nel 1955. Durante il dibattimento, Washington aveva ripetutamente asserito che la normativa in questione sarebbe divenuta “inapplicabile” per effetto dell’instaurazione, nella nazione islamica, del regime khomeinista, dichiaratosi fin dal principio “ferocemente contrario” alla politica estera sviluppata dai governi iraniani del passato. La Corte ha però rigettato le argomentazioni statunitensi, stabilendo che il trattato siglato nel 1955, contenente espliciti divieti di “sanzioni”, avrebbe mantenuto la sua efficacia nonostante i mutamenti di regime politico verificatisi successivamente a Teheran.
L’amministrazione Trump ha reagito all’adozione del verdetto bollandolo come “inquinato da pregiudizi anti-americani”. La Casa Bianca, tramite un comunicato diffuso dal proprio ufficio stampa, ha quindi accusato la Corte dell’Aia di essersi schierata “dalla parte dei regimi fondati sull’odio e sulla repressione”.
Washington ha poi stabilito che non avrà luogo “alcuna restituzione” degli asset iraniani attualmente congelati e ha infine precisato che i valori immobiliari e finanziari in questione verranno impiegati dai dipartimenti federali per “risarcire i familiari delle vittime americane della strategia terroristica promossa finora da Teheran”.
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