Così la migrazione religiosa rischia di svuotare la Chiesa africana

La Chiesa africana rischia di essere "svuotata" a causa dell'immigrazione di massa, che coinvolge pure sacerdoti e consacrati. Alla radice di un fenomeno di cui si parla poco

Così la migrazione religiosa rischia di svuotare la Chiesa africana

La migrazione religiosa rischia di rappresentare un problema per un continente intero. La Chiesa africana è considerata tra quelle più in salute. Al pari di quella sudamericana. In Africa vivono 222milioni di cattolici, cioè Il 17,3% del totale.

Gli ultimi dati, pubblicati anche dal Vaticano, hanno fatto registrare un aumento delle persone aderenti alla confessione cattolica. Verrà il momento in cui sarà eletto un pontefice africano: molti commentatori sembrano esserne convinti. Qualcuno osa fare dei nomi. Sarebbe il sigillo di una sorta di primato statistico.

Eppure qualche sacerdote insiste con l'avvertire sulle potenziali conseguenze di un fenomeno gravoso anche per i numeri. Padre Donald Zagorè ha preso carta a penna per scrivere che "la questione dell'immigrazione africana in Europa coinvolge non solo i laici africani, ma riguarda anche molte diocesi e comunità religiose". L'articolo completo si può leggere su La Croix International. Il fatto è che molti sacerdoti non sembrano né disposti né intenzionati a fare ritorno nelle proprie nazioni d'origine dopo aver completato gli studi nel Vecchio Continente. Persone consacrate che prendono parte, a causa di motivazioni simili a quelle tradizionali, ai fenomeni migratori. Anche in questo caso è il sogno di una vita migliore a giocare un ruolo centrale. Stephen Hawking aveva definito l'aspettativa in questione "il nirvana promesso da Instagram". Quasi come se sbirciare sulle "stories" fosse un atto in grado d'ingannare sulla reale disponibilità di un miglioramento.

"Il sacerdozio e la vita religiosa - ha tuonato mons. Marcelin Yao Kouadio durante un'omelia, nel 2017 - devono non diventare un trampolino di lancio per fuggire dall'Africa semplicemente perché è povero". Una frase che, meglio di altre, è in grado di sintetizzare come gli ecclesiastici africani inizino a preoccuparsi sul serio. Era stato un cardinale, del resto, a evidenziare in tempi non sospetti la necessità di "chiudere i rubinetti". Non un porporato qualsiasi: Peter Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, considerato molto vicino a Papa Francesco. "il vero problema - aveva sottolineato Turkson - è affrontare la questione all'origine e fare in modo che le persone smettano di arrivare in Europa". Joseph Ratzinger, ma anche Jorge Mario Bergoglio, ci hanno spiegato cos'è il "diritto a non emigrare". Molti vescovi appartenenti alla Chiesa africana, nel corso di questi anni, hanno tuonato sulla pericolosità di un viaggio che può rivelarsi illusorio. Le istituzioni ecclesiastiche sono consapevoli che l'immigrazione di massa possa costituire un fattore di svuotamento.

Ecco perché padre Zagorè ha raccontato di quella volta in cui un monsignore della Costa d'Avorio "ha condannato il fenomeno delle migrazioni ecclesiastiche, offrendo come esempi due diocesi in Africa con 25 e 53 sacerdoti assenti" e di "coloro che fuggono dall'Africa" per "sognare la ricchezza e l'abbondanza in Occidente", che verrebbe visto come "una 'terra di latte e miele".

Una concezione che Zagorè non ha paura a definire "pericolosa", considerato che "ci sono già molti posti che non hanno pastori per mancanza di sacerdoti".

Non si conoscono i numeri complessivi del fenomeno, ma è noto che la Chiesa africana abbia il timore di dovere far fronte a una situazione ingestibile: 222 milioni di cattolici e pochi sacerdoti.

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