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Danimarca, premier fa dietro-front: "Stop alla linea dura anti-clandestini"

Il “dietro-front” della nuova leader della Danimarca sarebbe stato imposto dai partiti di sinistra minoritari che, con i loro voti, la mantengono al potere

Danimarca, premier fa dietro-front: "Stop alla linea dura anti-clandestini"

In Danimarca si è appena insediato il nuovo governo, capeggiato dal primo ministro socialdemocratico Mette Frederiksen.

Costei, il più giovane premier nella storia del Paese nordico, nel delineare ai media locali le linee programmatiche del suo esecutivo ha però rilasciato delle dichiarazioni palesemente contrastanti con quanto da lei promesso in precedenza, ossia durante l’ultima campagna elettorale. La quarantunenne esponente della sinistra aveva appunto finora giurato di mantenere in piedi la strategia del rigore sviluppata in ambito migratorio dai governi del passato, per poi affermare clamorosamente, intervistata dalla televisione pubblica DR subito dopo il suo recente insediamento, di volere “accantonare” la linea dura anti-clandestini promossa dalle precedenti amministrazioni conservatrici.

Tale “rigetto” delle politiche propugnate dal suo predecessore di centro-destra Lars Løkke Rasmussen, premier di Copenaghen dal 2015 al 2019, è stato giustificato dalla leader socialdemocratica evidenziando la necessità che la Danimarca recuperi la sua “immagine storica di comunità generosa e tollerante”. Il ripristino nel Paese nordico dei “valori di umanità e solidarietà” verrà conseguito dalla Frederiksen ospitando nel territorio nazionale “maggiori quote annuali di richiedenti asiloe abrogando le norme, varate dal conservatore Rasmussen, che dispongono un inasprimento di pena automatico ai danni dei clandestini condannati per qualsiasi reato dai tribunali danesi.

L’esponente della sinistra ha poi dichiarato che il valore della solidarietà tornerà a sussistere in Danimarca grazie anche a un “potenziamento” dello Stato sociale. Nel programma di governo della Frederiksen, oltre all’abbandono del “pugno di ferro” verso gli stranieri irregolari, vi è appunto, a rimarcare ancora di più la discontinuità tra lei e le amministrazioni precedenti, un aumento delle spese a beneficio dei cittadini in difficoltà, che erano state significativamente ridotte, per esigenze di bilancio, durante il mandato di Rasmussen.

Secondo le testate locali, il “dietro-front” della leader socialdemocratica rispetto agli annunci fatti nelle scorse settimane sarebbe la conseguenza dell’accordo siglato tra la stessa Frederiksen e altri partiti di sinistra minori, il Partito Popolare Socialista, la Lista dell'Unità - I Rosso-Verdi e il Partito Social-Liberale Danese. I socialdemocratici, avendo in parlamento non più di 50 deputati ed essendo quindi privi della maggioranza assoluta dei seggi, si sono infatti trovati costretti ultimamente a procacciarsi il consenso di queste formazioni politiche circa l’insediamento di un governo di minoranza, ricorrendo a lunghe ed estenuanti trattative.

I partiti di sinistra minoritari avrebbero alla fine acconsentito a dare la propria fiducia parlamentare al nuovo premier Frederiksen soltanto in cambio di una “rottura con il passato” da parte della quarantunenne.

Di conseguenza, il neo-costituito esecutivo di Copenaghen resterà in piedi soltanto se la leader socialdemocratica opererà realmente una svolta pro-migranti e un allentamento del rigore nella gestione delle finanze statali.

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