Secondo l’agenzia di stampa Reuter, l’ulema Enayatullah Baligh ha chiesto al governo afghano di fermare i cittadini che manifestano per il rispetto dei diritti civili. E ha avvertito che altrimenti lo farà lui, mettendo sottosopra Kabul con 7.000 seguaci pronti ad obbedire ai suoi ordini.
Tra i diritti civili ci sono in primo piano quelli delle donne, da lungo tempo merce di scambio in Afghanistan. Le manifestazioni a Kabul, nel mirino, sono cominciate dopo l’atroce linciaggio di Farkhunda, una ragazza falsamente accusata di aver bruciato il Corano. Invece di provare a fermare il brutale assassinio, qualcuno l’ha filmato: è così orrendo che guardarlo è insopportabile, fa vergognare di appartenere alla razza umana. In Afghanistan c’è stata un’infinità di femminicidi tremendi e insensati, avvenuti nel silenzio, complice la paura. Il linciaggio di Farkhunda però ha mosso uomini e donne a esprimere pubblicamente dolore e dissenso, e per la prima volta ho visto uomini afghani piangere per la violenza subita da una donna sconosciuta, indossare il burqa in segno di solidarietà.
Sono dell’idea di non costringere culture diverse dalle nostre ad adottare modelli che riteniamo più giusti dei loro. Un vero cambiamento culturale si verifica in genere quando è attuato da chi ne è allo stesso tempo autore ed oggetto; se imporlo dall'esterno ha un risultato, questo è spesso transitorio, accompagnato da forme di resistenza che possono diventare così forti da causare una situazione peggiore della precedente.
Trovo dunque legittimo che si proteggano i valori su cui è fondata una società. Ma non che quei valori siano manipolati, snaturati, estremizzati e sfruttati per terrorizzare, compiere massacri impunemente o reprimere i tentativi di cambiamento chiesti dai figli di una nazione. Come potrebbe succedere a Kabul.
Anche per questo mi occupo di iniziative sociali e di genere in Afghanistan. Ho cominciato nel 2002; dopo aver lavorato per la Croce Rossa Italiana e la Cooperazione Italiana, ora seguo le attività di Nove Onlus. Fondata nel 2012 da cooperanti, Nove Onlus ha costi di gestione minimi, collabora con altre organizzazioni per fare di più spendendo di meno, e utilizza due conti (uno per le spese amministrative, uno dedicato ai progetti) così i donatori sanno dove vanno i loro soldi. Nove Onlus non è certo in grado di difendere le pacifiche, ancora timide manifestazioni afghane a favore dei diritti civili. Ma può dare strumenti utili ad allargare le brecce spontaneamente aperte dalla popolazione nel muro di povertà e violenza che la tiene da lungo tempo prigioniera.
Nel suo piccolo lo ha fatto, e sebbene sia cosciente dei rischi crescenti continuerà a farlo: attraverso progetti come quello di formazione professionale femminile, sostenuto dalla fondazione Nando Peretti e realizzato in collaborazione con una ong afghana. Sperando che non le sia impedito e che, se quella di Kabul è una primavera, possa fiorire.Susanna Fioretti, presidente Nove Onlus
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