La Turchia pronta ad aprire un'ambasciata a Gerusalemme Est

Per Erdogan Israele è uno "stato terrorista". Raro accordo tra i partiti turchi

Manifestanti legati ai sindacati statali pro-governativi in piazza contro gli Stati Uniti
Manifestanti legati ai sindacati statali pro-governativi in piazza contro gli Stati Uniti

È un raro segno di unità quello che arriva oggi dal parlamento turco, i cui tre partiti principali hanno pubblicato un dichiarazione congiunta in cui chiedono che Gerusalemme Est sia riconosciuta come capitale "di uno Stato indipendente palestinese, attualmente sotto occupazione e i cui confini furono definiti nel 1967".

Partiti normalmente in aperto conflitto come i kemalisti del Chp e l'Akp, con l'aggiunta del Mhp, ultranazionalista e stampella del partito di Erdogan, hanno ribadito quanto emerso dall'incontro a Istanbul dell'Organizzazione della cooperazione islamica, riunitasi dopo la scelta dell'America di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Escluso solo l'Hdp filo-turco, i cui leader e molti membri sono a oggi in carcere.

"Siamo seriamente determinati", ha detto il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, parlando della possibilità di aprire un'ambasciata a Gerusalemme Est se il mondo riconoscerà uno Stato palestinese. E a chiederlo in parlamento sono stati anche gli uomini dell'opposizione.

Un'unità d'intenti sulla questione palestinese che spiega come in Turchia non sia un tema delicato soltanto per il presidente Erdogan, che fin da subito si era scagliato contro Israele e Trump, seguito a ruota da un'ampia fetta della stampa locale, non nuova ad attacchi a Israele, ma neppure a un non troppo velato anti-semitismo.

"Israele è uno Stato terrorista"

"La Palestina è una vittima innocente. Quanto a Israele, è uno Stato terrorista, sì, terrorista!", ha tuonato pochi giorni fa il presidente turco dalla città anatolica di Sivas, parlando ai militanti del suo partito e producendosi in un discorso che ha trovato orecchie ben aperte non solo in Turchia, ma in un'ampia parte del mondo islamico.

Parole come quelle di Bulent Yildirim, leader di un'importante ong islamica attiva a livello internazionale, che solo ieri diceva: "A dire la verità dovremmo ringraziare Trump. Per anni non siamo stati in grado di spiegare al mondo islamico perché chiamassimo l'America 'Grande Satana' e loro lo hanno reso chiaro con una decisione".

"Non lasceremo Gerusalemme nelle mani di uno Stato che uccide i bambini", ha detto Erdogan a Sivas, mostrando le immagini di un quattordicenne bendato e circondato da militari israeliani, dopo che già molte città turche, da Akara a Istanbul (foto), avevano visto migliaia di persone scendere in piazza dopo la preghiera centrale del venerdì, la più importante della settimana per i musulmani.

"Non sono abituato a farmi fare la morale da chi bombarda i villaggi curdi in Turchia, mette i giornalisti in carcere e aiuta gli attacchi contro innocenti a Gaza e in altri luoghi", ha risposto a Erdogan il premier israeliano Netanyahu. Ma contro la decisione americana si sono schierati anche Mosca e il presidente francese Macron, che ha visto nei giorni scorsi tanto Bibi quanto il suo omologo turco, a cui ha chiesto di "contribuire alla pacificazione" per "evitare ripercussioni negative sulla regione".

Israele e la Turchia

Per anni un alleato, in rapporti con Ankara fin dagli anni Cinquanta, lo Stato ebraico era entrato in rotta di collisione con Ankara nel 2010, dopo l'episodio della flottiglia per Gaza, ma i rapporti tra i due

Stati sono poi migliorati di recente, con una normalizzazione.

Negli ultimi giorni, dopo la decisione americana su Gerusalemme, Erdogan aveva già minacciato di rompere con Israele. Parole roboanti, ma per ora solo parole.

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