Golpe in Turchia

Erdogan specula sui migranti per riavere i golpisti dalla Grecia

Dopo il "no" della magistratura all'estradizione, Ankara minaccia ripercussioni

Erdogan specula sui migranti per riavere i golpisti dalla Grecia

Era solo questione di tempo prima che Ankara si facesse sentire, rinfacciando alla giustizia greca la decisione di non rimandare in patria otto militari in fuga dopo il tentato golpe del 15 luglio. E puntuale è arrivato oggi il commento delle autorità turche, che almeno a parole sono pronte a cancellare l'accordo sui migranti, dopo che la Corte suprema di Atene - il più alto grado della giustizia locale - ha respinto la richiesta di estradizione.

Inappellabile la decisione del tribunale, lo ha ribadito questo pomeriggio il premier Alexis Tsipras, che sostiene - nonostante le relazioni non facili che da sempre intercorrono tra i due Paesi - che la decisione non abbia nulla di politico. "In Grecia il principio della separazione dei poteri - dice- è irrinunciabile e vincolante in base alla Costituzione, così come nel rispetto del diritto internazionale".

La questione degli militari si trascina dal 16 luglio, quando a poche ore dal tentativo di ribaltare le istituzioni in Turchia un elicottero con a bordo otto persone, inizialmente identificate come sette militari e un civile, era atterrato ad Alexandropoulis, poco distante dal confine, chiedendo asilo politico dopo il fallimento del colpo di Stato.

Combo militari turchi in Grecia

Una questione spinosa per la Grecia, che chiaramente non può che stare alla decisione della magistratura, ma dall'altra è accusata di offrire rifugio ai golpisti da Erdogan. D'altronde la preoccupazione dei giudici è che, se rimandati in Turchia, i militari non si vedessero riconosciuti i propri diritti fondamentali, in un contesto in cui il rispetto dello stato di diritto è da mesi un grosso punto interrogativo, con migliaia di arresti e licenziamenti e la stampa mai così in difficoltà.

Pressioni al governo greco erano arrivate anche dall'Unione Europea, alla luce del fatto che più volte Erdogan ha ribadito l'intenzione di re-introdurre in Turchia la pena di morte, qualora il parlamento (in cui il suo partito è in maggioranza) dovesse chiederlo. Pura retorica, per ora, ma l'imprevedibilità del Paese non è una novità per nessuno.

"Stiamo valutando cosa possiamo fare - ha commentato il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu all'emittente nazionale Trt -. C'è un patto sui migranti che abbiamo firmato, incluso uno per la riammissione con la Grecia". Ha poi presentato una seconda richiesta di estradizione e promesso "effetti sulle relazioni" bilaterali.

Twitter: @ACortellari

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