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Idomeni, la tratta delle siriane: costrette dai marocchini a far sesso per 5 euro

Nel "Ghetto di Idomeni" le gang marocchine hanno aperto un bordello in un vecchio vagone. Le siriane vengono a costrette a prostituirsi per pochi euro

Gang di marocchini e iracheni nel campo profughi di Idomeni
Gang di marocchini e iracheni nel campo profughi di Idomeni

Il campo profughi di Idomeni, al confine con la Macedonia, è una polveriera. La criminalità organizzata sta prendendo il sopravvento. Il vagone di un treno è stato trasformato in un bordello, mentre gli immigrati marocchini hanno concentrato nelle proprie mani lo spaccio della droga. "Siamo andati alla ricerca di quel vagone. Da qualche tempo sentivamo voci circa la presenza di un bordello nel campo - ha detto un reporter della stazione televisiva greca Skai - quando abbiamo trovato il convoglio e stavamo per registrare, i migranti, alcuni armati di coltelli, ci hanno minacciato e cacciato".

La polizia greca sta portando avanti un'inchiesta capillare sulle gang criminali composte soprattutto da iracheni e marocchini. Sono loro a gestire un giro di prostituzione all'interno del campo profughi più grande della Grecia. Opererebbero in un vagone abbandonato e in un magazzino attaccato al campo che ospita oltre 9.200 immigrati (alcuni media parlano di 11mila presenze). Qui donne vulnerabili sarebbero costrette a vendersi per appena 5 euro a prestazione sessuale. Secondo l'emittente Skai, le prostitute sono siriane arrivate in Grecia da sole. I mariti si trovano ancora in Siria o sono già arrivati nel Paesi del Nord Europa, mentre loro hanno finito i pochi soldi che avevano in tasca. Per segnalare il bordello, la gang ha messo il cartello "Road to the roses" (la via per le rose). I criminali girano per il campo di Idomeni in cerca di donne sole. Offreno loro protezione e le obbligano a prostituirsi. "Il pericolo - denuncia Ananya Roy sull'Internetional Business Times - è che avviino alla prostituzione anche i bambini, il gruppo attualmente più fragile".

Dopo aver visita tre hotspot sulle isole di Samos, Lesbo e Chio, Human Rights Watch accusa le autorità di polizia di non garantire la protezione delle persone recluse nei centri di registrazione e di non intervenire per fermare combattimenti e conflitti. "Gli uomini si ubriacano e cercano di entrare nella nostra tenda tutte le notti - ha raccontato una donna di 19 anni che proviene dall'Eritrea, ora ferma a Vathi - siamo state dalla polizia e abbiamo chiesto che ci portassero in una zona del campo separata da quella in cui cercano di abusare di noi, ma la polizia non ci ha aiutate. Siamo fuggite dal nostro Paese proprio per questo, e ora in questo campo abbiamo paura di lasciare la nostra tenda".

Nei campi, spiega Bill Frelick, direttore dei diritti dei rifugiati per Human Rights Watch, "donne e bambini che sono fuggiti dalla guerra affrontano quotidianamente la violenza e vivono con paura".

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