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India, cristiani in piazza contro gli attacchi dei nazionalisti indù

I vescovi: "La Costituzione dell'India è in pericolo". Si vogliono estendere con la forza "i principi e i valori religiosi dell'Induismo"

India, cristiani in piazza contro gli attacchi dei nazionalisti indù

In India migliaia di cristiani (circa 20 mila, in almeno 16 città) sono scesi in piazza per manifestare contro le continue aggressioni che avvengono nei confronti dei fedeli delle religioni diverse dall’Induismo.

I cristiani rappresentano solo il 2% della popolazione indiana, che per l’80% è induista. Però, esiste una significativa minoranza musulmana, pari al 14% della popolazione.

Nei primi 5 mesi e una settimana dall’inizio del 2018 solo nel Tamil Nadu (dove la percentuale dei cristiani è il 12% della popolazione) ci sono stati più di 15 attacchi violenti contro i seguaci di Gesù Cristo. I cristiani hanno anche denunciato una serie di profanazioni di chiese operate dagli estremisti religiosi che sostengono il partito nazionalista dominante Bharatiya Janata (BJP) del primo ministro Narendra Modi. Inoltre hanno sottolineato il fatto che una parte della polizia non solo non protegge le minoranze religiose sotto attacco ma, con diversi poliziotti, ha perseguitato le stesse vittime cristiane della violenza.

Le violenze religiosamente motivate in India non sono una novità. Un pastore del sud-est dell'India, lo scorso gennaio, era stato ucciso perché si era lamentato con la polizia per molestie da parte degli indù di casta alta. Nel 2015 le principali figure del BJP volevano rendere reato penale la conversione di ogni individuo, in qualsiasi parte del paese, ad un'altra religione senza previa approvazione da parte del governo. Questa proposta di legge venne bloccata dal Ministero della Giustizia che sostenne l’inviolabilità della libertà religiosa, diritto protetto dalla costituzione dell'India. Ma allora fu permesso ad ogni singolo stato di emanare le proprie leggi sulla libertà religiosa, proibendo le conversioni ottenute con la forza, la frode o altri incentivi, punibili con pene fino a tre anni di prigione.

Negli anni sette dei ventinove stati dell'India hanno prodotto leggi anti-conversione, anche se sono stati fatti pochissimi arresti per le infrazioni a queste norme e non ci sono state condanne.

In occasione delle ultime proteste dei cristiani il vescovo Thomas Paulsamy di Dindigul, nello stato meridionale del Tamil Nadu, ha detto all'organizzazione cattolica Aiuto alla Chiesa che soffre che le autorità statali si sono schierate spesso con gli aggressori indù militanti piuttosto che con le minoranze religiose. Monsignor Paulsamy ha detto che "il Bjp sostiene i fondamentalisti e non vuole che la Costituzione si applichi, quanto piuttosto i principi e i valori religiosi dell'Induismo".

I vescovi indiani, che più volte hanno ricordato i buoni rapporti coltivati con indù, musulmani e altri gruppi religiosi, stanno operando per proteggere i cristiani e le altre minoranze attraverso un gruppo di lavoro interreligioso. Come riferisce l’Agenzia Fides, monsignor Filipe Neri Ferrão, Arcivescovo di Goa (dove i cattolici rappresentano il 26% della popolazione) e Daman, attraverso una lettera, datata 4 giugno, indirizzata ai fedeli della sua diocesi ha scritto che "la Costituzione dell'India è in pericolo e ci sono molte persone che vivono con il senso di insicurezza. È necessario proteggere i valori della Costituzione, inclusa la libertà di praticare la propria religione".

Ferrão ha notato negli ultimi tempi "una tendenza che si sta facendo strada" in India. Si "vuole imporre una sorta di uniformità su cosa e come mangiare, vestire, vivere e anche per il culto a Dio". Si vive "una specie di monoculturalismo: i diritti umani vengono attaccati e la democrazia sembra essere in pericolo". Il prelato ha detto che le minoranze religiose temono per la loro sicurezza e denuncia che in alcune circostanze varie persone sono sfollate dalle loro terre e dalle loro case nel nome dello sviluppo. "Le prime vittime sono i più poveri, perché è più facile calpestare i loro diritti e pochissimi parlano di loro".

La lettera dell'arcivescovo arriva dopo un altro scritto prodotto nelle scorse settimane dall'Arcivescovo di Delhi, monsignor Anil Couto, che ha denunciato "l'atmosfera politica turbolenta" che "mette in pericolo la democrazia e la laicità dello stato".

Il vescovo Couto ha invitato tutti i sacerdoti a "pregare per il paese" prima delle elezioni del 2019, affinché uno "spirito di vera democrazia" accompagni gli indiani alle elezioni.

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